IL
VOLTO E IL RESPIRO DI BARBIANA: MICHELE E DON LORENZO.
"È in noi che i paesaggi
hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se
esistono li vedo. […]
La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi
sono i viaggiatori.
Cio' che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò
che siamo. "
F. Pessoa
Questa frase di Pessoa racchiude un seme prezioso di verità.
E’ allenando lo sguardo che si può cogliere realmente quello che la
pietra viva della storia può raccontarci, entrando in contatto non solo con i
nostri occhi, ma con la nostra anima.
Per risvegliare lo sguardo non bastiamo noi stessi, ma occorre la
generosità dei maestri, dei testimoni, insieme a quella delle compagne e dei
compagni nel cammino: fermiamo il tempo del nostro viaggio ed accorgiamoci del
tesoro inestimabile, spesso nascosto, che abbiamo di fronte.
Il libro di Michele Gesualdi: “Don
Lorenzo Milani – l’esilio di Barbiana” (Edizioni San Paolo) è tutto questo:
carne e poesia viva della memoria, racconto caldo e, al tempo stesso, religiosamente
meticoloso, di una vita, quella di Don Lorenzo e degli adulti e dei ragazzi che
lo hanno incontrato nelle esperienze, indimenticabili e forgianti, di San
Donato e di Barbiana.
Il “fiore rosso” della testimonianza dell’allievo di Don Milani è un
astrolabio prezioso, assolutamente unico fra i tanti scritti esistenti sul
Priore, come lo chiamano ancora oggi i “ragazzi” e le ragazze” di Barbiana. E’
come una guida, segni bianchi e rossi su un sentiero che porta ad avvicinarsi
al cielo, da molto lontano, da una “fame di verità e una sete di
giustizia” che dal Seminario, da San
Donato, arriva all’esilio della libertà privata, e poi riparata, reinventata nei
monti, in tredici anni di amore vissuto, sofferto e gioito.
Non si può scrivere o ispirarsi correttamente a Barbiana, senza aver
percorso quel sentiero, con i passi di un viaggiatore che deve aprire
gradualmente il proprio cuore al “mistero” di questo luogo.
Mentre si sale per il sentiero della Costituzione che porta alla
canonica, con il libro di Gesualdi nello zaino, non si può che essere grati a
chi ha saputo custodire questo luogo del corpo e dell’anima: un luogo sperduto
nei monti, un “niente” in cui un prete e un gruppo di ragazzi hanno saputo
trasformare il paesaggio e perfino “ricreare l’oceano”, attraverso una piccola
piscina.
Un percorso accidentato, ricchissimo, non trasformabile in quelle vite
un po’ edulcorate dei “santi”, in cui tutto sembra perfetto, meritevole di
omaggio, quasi senza contraddizioni.
Capita di incontrare in carne ed ossa, salendo a Barbiana, chi questi
luoghi li ha vissuti, voluti, quando erano segno di esilio e di emarginazione,
anche dalla Chiesa-istituzione.
E’ forte il desiderio di non snaturare il senso della testimonianza dei
tempi in cui: “a Barbiana non veniva
quasi nessuno”, quando il ponte di Lucianino, fatto costruire per
permettere a un bambino di attraversare il ruscello e giungere alla scuola, era
coperto dai rovi. Quando le lettere di insulti e di minacce, come racconta
Gesualdi alla fine del suo stupendo libro, erano ben più di quelle di
apprezzamento e si accompagnavano al silenzio distante della Chiesa.
In queste piccole, semplici stanze, nella canonica, nell’edificio sacro,
nella biblioteca, nel cimitero, financo nella piscina, non troveremo mai un santuario,
ma soprattutto continuiamo a riconoscere domande che sono ancora vive, a tratti
sanguinanti, nel tempo di oggi.
Come è possibile, sempre di più, continuare a fare parti uguali fra
disuguali?
Come possono le Fedi benedire e promuovere strumenti di morte e
dominio?
Perchè fuggiamo da una scuola lontana, sempre più nozionistica e non
immune dal darwinismo sociale, spesso incapace di vera inclusione e distante da
quell’ “imparare facendo” che certo
non era approccio utilitaristico all’apprendimento?
Qual è il senso del fare
sindacato oggi mantenendo intatta la missione emancipatrice di un fondamentale
corpo sociale collettivo, ma innovando linguaggi, convertendo sguardi, ritrovando
strumenti, tracciando percorsi?
Infine, rimanendo quasi disorientati dall’intuizione
profetica di Don Milani e di Barbiana nello studio delle lingue e delle culture
diverse (che bello imbattersi nel Padre Nostro in cinese fatto tradurre da Don
Lorenzo!) come concepire e dare concretezza alle tante “Barbiana” necessarie in
una società interculturale, in cui lo smarrimento dell’identità si trasforma in
odio e in paura/ignoranza/indifferenza dell’altro e dello “straniero”?
Chissà se tutto questo è risuonato nella preghiera di Papa Francesco, lo
scorso giugno a Barbiana, forse anche alla ricerca di un’espiazione, per una
Chiesa che, solo nel 2013,
ha riabilitato un testo fondamentale di Don Milani come Esperienze Pastorali.
Allora, per camminare domandando, per salire nella verità i sentieri di
Barbiana (tanti percorsi diversi, per nulla omologanti, quanti sono i
viaggiatori sinceri) il libro, l’atto di
amore di Michele Gesualdi è un tesoro che va letto, custodito e diffuso, anche
per uscire dal conformismo di un incontro con Don Milani troppo comodo e
rassicurante.
Nelle ultime pagine l’ex sindacalista ci dona i suoi ricordi più intimi,
sempre con lo sguardo rivolto non verso se stesso, ma verso Don Lorenzo, con la
sua ruvidezza d’amore, la sua ricerca ultima del canto degli uccelli nella
musica.
Proprio oggi, che una malattia rara gli ha rubato la parola e ne ha reso
difficile il respiro Michele Gesualdi, ci dona proprio parola e respiro e,
attraverso di essi, con un tradurre che non è mai, in questo caso, tradire, ci
porta fino alla sorgente del respiro e delle parole, quelle vere, di Don
Lorenzo Milani.
Gesualdi, soprattutto nelle ultime pagine, è riuscito a compiere quello
che Emmanuel Levinas descriverebbe come la capacità di sentire l’insufficienza
di ciò che accade dentro di sè, nella propria avventura di vita o perfino nell’avventura
di vita che l’io vive con l’altro siano essi Don Lorenzo, Eda, i ragazzi e le
ragazze di Barbiana.
La verità più vera, per Levinas, è depositata in una dimensione terza:
il “volto”.
Il volto nudo di Don Milani che l’autore, con un grido d’amore, ci
trasmette alla fine del libro, è l’ultimo approdo di una vita degna di essere
vissuta. Il volto è un cammino, proprio come il sentiero di Barbiana, ricco di
dettagli, in cui, direbbe sempre Levinas: “nel
camminare cedo alle tue sfumature, smetto nel mio dire e vengo
meravigliosamente «detto» dalle tue labbra, dal tuo sorriso, dai tuoi giudizi,
dalla tua biografia”.
Respirare, quando si ritrova la consapevolezza del viaggio della Vita,
specie quando essa è più fragile, ultima e indifesa, non è più un’abitudine, ma
una scelta.
Sta a noi, lettori viaggiatori, far divenire il volto nudo di Don
Lorenzo e di Barbiana attraverso le parole di Michele, un consapevole respiro
collettivo.
Sta a noi, non limitarci a vederlo, questo volto, ma, ognuno con il
proprio carisma, ad “esserlo e a farlo
esistere”.
Partendo, magari, proprio da quel sindacato in cui Don Lorenzo Milani ha
molto creduto e in cui Michele Gesualdi ha, tanto e bene, vissuto.
GRAZIE.
Francesco Lauria