Le Ville Sbertoli e la città: un
appello accorato, 8 anni dopo.
Esattamente otto anni fa, il 18
febbraio 2009, la giunta del comune di Pistoia, guidata dal sindaco Renzo
Berti, ascoltata la relazione dell’assessore Silvia Giannini, dette il via,
coerentemente con la legge regionale 69/2007, al percorso di partecipazione
intitolato: “Le Ville Sbertoli e la città”.
Il Comune di Pistoia, stanziando
a tal fine 34.000 euro, attraverso contributi regionali, approvava questo
percorso partecipativo finalizzato a definire: “con il contributo di cittadini comuni, Associazioni che operano
a livello locale, ordini professionali e categorie economiche, ipotesi reali di
recupero e valorizzazione dell’area denominata Ville Sbertoli, in concerto con la
ASL 3, proprietaria di tale area”.
Se il percorso partecipativo ebbe il merito di permettere una
riflessione aperta sul futuro di questo complesso storicamente e socialmente
così importante per il territorio pistoiese e non solo, gli esiti non sono mai stati,
nemmeno in parte, concretizzati.
Sappiamo tutti che le Ville Sbertoli sono ormai da molto tempo
nell’elenco dei beni in vendita della Asl
e che l’immobilismo non può che portare a nuovo degrado, nuovi crolli,
un sempre più difficile e costoso percorso di recupero.
Entrare alle Ville Sbertoli è oggi, in particolare dopo il
crollo nelle settimane scorse del muro di cinta, assolutamente agevole, tanto
che, complice l’avvicinarsi della primavera, foto-amatori da tutta la Toscana
le popolano, in grandi quantità, in particolare nei week end, alla ricerca del
“fascino decadente” del “manicomio” abbandonato.
Basta costeggiare l’ex biblioteca per accorgersi che la pioggia
sta portandosi via riviste mediche internazionali risalenti addirittura agli
anni venti del novecento, continuare a costeggiare altre ville per osservare
scene degne delle città vicine a Chernobyl, abbandonate dopo la nube nucleare
del 1986: anche qui, infatti, ci sono grandi quantità di computer, stampanti,
materiali di ufficio abbandonati, risalenti a quell’epoca.
Basta, infine, sbirciare, attraversi i vetri rotti delle
costruzioni per osservare faldoni di delibere e cartelle cliniche abbandonate
come ci fosse stato un terremoto e non un lento, progressivo e degradante
abbandono, operato da autorità pubbliche irresponsabili e dissennate.
Ma non dobbiamo parlare solo dei muri: è necessario ritornare all’idea
progettuale, alla base della nascita delle Ville, fin da quando, nel 1868, un
giovane fiorentino di 29 anni, vi entrò, come primo paziente, accolto dal
Professor Agostino Sbertoli.
Il Villaggio verde delle Ville Sbertoli nasceva, infatti, in
contrapposizione al “manicomio caserma”, con un approccio alla
neuropsichiatria, certo non rivoluzionario, ma indubbiamente innovativo.
Altre due date da ricordare sono il 1950, anno del definitivo
passaggio dalla gestione privata a quella pubblica, con l’acquisto del
complesso da parte della Provincia di Pistoia e il 1984 a cui risale il passaggio
alla gestione regionale che, in sincerità, ne ha sancito il progressivo
declino.
Oggi, piuttosto alla chetichella, si assiste ad un ping pong di
delibere comunali e regionali che aprono la strada ad una lottizzazione
parziale delle Ville stesse, con la previsione della costruzione di cinquanta
appartamenti.
I principi proposti dall’Amministrazione comunale appaiono, ad
una lettura superficiale, quasi di buon senso : recupero architettonico delle
nove ville principali e mantenimento della loro destinazione d’uso pubblica
(quale?), fruizione pubblica e recupero integrale del parco delle Ville,
sostanziale equivalenza del demolito e del costruito, almeno dal punto di vista
delle cubature.
Di fatto, invece, assistiamo all’abbandono della destinazione
socio-sanitaria anche parziale e alla ricerca di imprecisati e, ad oggi, del
tutto virtuali investitori internazionali per la realizzazione di strutture di
formazione private (un’Università americana?) che dovrebbero dare l’impulso
decisivo per l’avvio delle nuove Ville Sbertoli (Spa?).
Pistoia Capitale della Cultura 2017 dovrebbe rappresentare
“l’insostituibile vetrina” per proporre ai fantomatici investitori
internazionali, l’intervento sull’area.
C’è chi, nell’opposizione cittadina, si è già dichiarato
perplesso poiché vorrebbe un’edificazione privata addirittura superiore,
timoroso che il “mercato” valuti non sufficiente l’apertura all’edilizia
residenziale operata dall’amministrazione comunale di concerto con l’Asl e con
la giunta regionale.
Ciò che sembra totalmente non considerata è la città.
Sembra evidente la rinuncia a ricostruire, almeno parzialmente,
la memoria sociale del luogo, a prospettare un ponte con l’intervento
contemporaneo verso i disagi della psiche, in un’ottica non
“concentrazionaria”, ma di recupero terapeutico e relazionale, sembra palese
l’idea, al di là di quanto viene affermato, della rassegnazione ad un recupero
per “lotti”, senza un vero e proprio disegno unitario, privo di progetto e di
spessore culturale.
Per le Ville i criteri di fondo dovrebbero essere, al contrario,
quelli prospettati nel percorso partecipativo del 2009, colpevolmente lasciato
inattuato: un recupero unitario, in cui si intreccino funzioni pubbliche
molteplici: dalla formazione, alla terapia, anche attraverso l’arte e il contatto
con la natura, con destinazioni socio-sanitarie innovative. Si pensi, solo per
fare un esempio, a funzioni abitative comunitarie volte al recupero dell’autonomia
in particolare di gruppi di anziani, parzialmente non autosufficienti, come
alternativa alle classiche case di riposo.
Pistoia non può rinunciare all’apertura di un parco come
patrimonio dell’intera città, sostenuto anche con la predisposizione di spazi
per associazioni, start up, luoghi di aggregazione giovanile e non solo, percorsi
formativi, piccole botteghe artigiane, commercio di prossimità, ovviamente
compatibili con l’ubicazione decentrata del luogo rispetto al centro urbano.
Le Ville Sbertoli potrebbero rappresentare l’esempio della
scelta di un nuovo modello di sviluppo legato al ricreare legami comunitari e
sociali, non un’ennesima cattedrale nel deserto, frutto di cubature residenziali
invendute e non sostenibili, come ci insegna, ad esempio, l’area ex Breda.
La perdita di memoria e di progettualità sociale del progetto
che, senza alcun condivisione con la città, si sta portando avanti è evidente.
Essa è frutto probabilmente di pressioni esterne legate ad una proprietà
regionale, interessata solo a fare cassa, e che sembra aver smarrito il senso
della propria funzione e missione, fattore testimoniato, già da tempo, con
l’abbandono progressivo dell’area.
Pistoia deve proporsi uno scatto d’orgoglio, riappropriarsi di
un’area che fa parte della propria storia di innovazione, apertura verso il
mondo, contrasto alla marginalità. Lo deve fare imparando a pensare di poter
“cambiare”, dal basso e senza timore.
Il 2017 non può diventare la scusa per qualsiasi cosa. Non c’è
bisogno di “vetrine”, ma di politiche che mettano insieme responsabilità,
partecipazione, progetto.
A chi ammonisce che tutto ciò è “antieconomico”, si può
rispondere con le parole di Tiziano Terzani, nel testo: Un altro giro di
giostra: “l’economia
con la sua pretesa di scientificità si sta mangiando la nostra civiltà e sta
creando intorno a noi un deserto dal quale nessuno sa come uscire”.
La mancanza di progettualità alternativa ha ridotto un gioiello
come le Ville Sbertoli al disastro di oggi.
Non è continuando sulla stessa strada, o peggiorandola, che
quella collina potrà rinascere.
(Pubblicato su http://reportpistoia.com il 19 febbraio 2017)
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