giovedì 16 febbraio 2017

Orsigna, il cammino e l’albero con gli occhi. Non siamo soli, nel mondo.

Ricordo abbastanza bene la prima volta che vidi immagini di Orsigna.
Era tarda sera, quasi notte, ed ero seduto sonnecchiante sul divano della casa dei miei genitori, a Parma.
Probabilmente si trattava di un venerdì sera ed ero arrivato così stanco da Roma, città in cui vivevo e lavoravo, da non riuscire ad uscire con i miei amici.
A poco tempo dalla scomparsa veniva trasmesso un documentario su Tiziano Terzani, in particolare sull’ultimo periodo della sua vita, accompagnato dal male, trascorso proprio sulla montagna pistoiese.
Orsigna è la meta finale, nel film “la Fine è il mio inizio”, in cui il figlio Folco parte da New York in aereo, arriva poi al treno ad alta velocità, prende la ferrovia Porrettana ed infine la corriera per l’Orsigna.

Scriveva Terzani, nel libro omonimo, a proposito della sua giovinezza nel borgo: « A quel tempo l'Orsigna era ancora piena di gente. La guerra era appena finita e gli uomini facevano i boscaioli nelle montagne di là del fiume. Facevano cose incredibili! Legavano un cavo di ferro nella montagna di fronte, poi a spalla, attraversando il fiume, lo portavano da questa parte, lo legavano in piazza, lo mettevano in tensione e dall'altro versante facevano partire i carichi di legna attaccati ad un uncino. Arrivavano a velocità spaventosa ed andavano a sbattere contro un copertone. A volte quei pazzi ci si legavano loro stessi. Lo ricordo come se fosse ora. (...) una volta uno si distrasse fra un carico e l'altro e finì schiacciato in piazza. »

Una volta trasferitomi a Pistoia Orsigna è stato uno dei posti che ho voluto vedere per primo, anche se un po’ di sfuggita e di fretta e, soprattutto, una prima volta, con la macchina.
Così, l’estate scorsa, non privo di compagnia nel viaggio e nel cammino, ho approfittato di una giornata libera per percorrere il cosiddetto percorso verso l“albero con gli occhi”, un sentiero di circa un’ora e mezzo che si incunea tra panorami stupendi e profondi.


Superato il Molino di Berto ed entrati nella vegetazione è capitato, a metà del cammino, di incontrare un “vecchio” residente, scambiare alcune parole e ascoltare la genesi del borgo di poche case incontrato tra un frammento di bosco e l’altro: Case Moretto, una bellissima frazione risalente a pochi anni dopo l’unità d’Italia, in cui le abitazioni avevano seguito gli spartani rifugi dei pastori.
Ad un certo punto inizia il c.d. “sentiero di Tiziano” che conduce al ciliegio che è il famoso “albero con gli occhi”, una pianta cui Terzani aveva attaccato degli occhi di vetro per mostrare al nipotino come vi fosse “vita” anche nella vegetazione.

Sull’albero sono incastonati tanti messaggi di carta, come di pietra: poiché non vi sono solo le frasi a raccontare le emozioni di chi è passato di qui, ma anche tante improvvisate piccole sculture di sassi.
Orsigna è la frazione del Comune di Pistoia più distante dal capoluogo, ad un passo dalla mia Emilia e deve, probabilmente, il proprio nome agli orsi che fino al ‘600 abitavano queste terre, L’orso, il micco, in pistoiese, è tutt’ora il simbolo della città e del suo controverso palio.
Lo sguardo si allarga sulla valle e sul mondo, ritorna alla città.


Credo sia difficile comprendere Pistoia, senza la sua anima collinare e montana, senza le sue strade che portavano verso Modena e Bologna, senza gli antichi mestieri e le radici di tanti abitanti scesi a valle.
Non è facile continuare a vivere qui, sulla montagna, per tutto l’anno.
Per molti è “antieconomico”, per altri, più comprensibilmente, semplicemente duro.
Ma come scriveva Terzani in “Un altro giro di giostra”: “l’economia con la sua pretesa di scientificità si sta mangiando la nostra civiltà e sta creando intorno a noi un deserto dal quale nessuno sa come uscire”.
Ma, continuava Terzani: “Il mondo c’è!”.
E, nel “palcoscenico del mondo”, come ci stiamo accorgendo, volenti o nolenti, non ci siamo solo noi occidentali, ci sono anche gli “altri”.

Non dobbiamo averne paura, ma coscienza: in fin dei conti, significa, soprattutto che, nel mondo, non siamo soli.

Francesco Lauria

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