mercoledì 31 maggio 2017

"IO NON SONO CHE UN UOMO". VICOFARO E LA POLITICA CHE RIFIUTA DI "SPEZZARE IL PANE INSIEME".
Pubblicato su Report Pistoia
"La politica è la forma più alta di carità" è questo il messaggio che la comunità parrocchiale di Vicofaro, echeggiando Paolo VI° ha voluto usare per invitare i candidati e le candidate a sindaco alle prossime elezioni amministrative. Il confronto si svilupperà sui temi che interrogano il territorio, quali: - IMMIGRAZIONE - POVERTA' - AMBIENTE - LEGALITA' - CITTADINANZA.
L'incontro si è svolto il 1 giugno dalle ore 17.45 in poi per conckudersi intorno alle 20 circa con una frugale apericena preparata dai migranti ospitati dalla comunità presso il Giardino della Pace nel complesso dei locali della Chiesa in via di Santa Maria Maggiore 71.
Mi ha colpito molto che il candidato di Casa Pound Lorenzo Berti abbia deciso di declinare l'invito con queste motivazioni: "che non si tratti di un dibattito neutro ma bensì di un incontro pubblicitario lo dimostra il fatto che si terrà nei locali dell’associazione “con al termine un apericena preparato dai migranti ospiti della comunità”.
Si rifiuta quindi di condividere un incontro, con persone, di spezzare il pane con loro.
Non sempre sono stato daccordo con Don Biancalani, anzi, complici i social network, qualche volta abbiamo avuto polemiche anche sopra le righe.
Di fronte però a questa "negazione di umanità" da parte del candidato di Casa Pound mi chiedo se Don Biancalani non avesse forse avuto ragione in passato rispetto ad alcune uscite che anche io avevo, superficialmente, etichettato come forzature.
Il 1 giugno è, per me una data particolare, essendo l'anniversario del mio matrimonio.
Quasi per caso ho ritrovato un testo che era inserito nel libretto che io e mia moglie Serena distribuimmo agli invitati due anni fa, durante la celebrazione svoltasi non casualmente, a Fiesole, presso la Badia Fiesolana.
Dedico, con il massimo rispetto questo testo di Ernesto Balducci (Io che non sono che un uomo)  a Lorenzo Berti e a tutti coloro che rifiutano l'incontro con l'altro, con il diverso da sè. 
Nessuno vuole negare le difficoltà e la complessità della questione migratoria, ma negare confronto e incontro è il presupposto per alzare muri sempre più invalicabili che non faranno che frammentare e far appassire la coesione sociale nelle nostre città e nei nostri quartieri.
A partire da quelli più poveri e bisognosi di una "politica" che sappia realmente ascoltare gli ultimi, al di là della provenienza e che sappia delineare realmente percorsi di inclusione e di riscatto.
Francesco Lauria
Io non sono che un uomo
"Non sono che un uomo": ecco un'espressione neotestamentaria in cui la mia fede meglio si esprime. E’ vicino il giorno in cui si comprenderà che Gesù di Nazareth non intese aggiungere una nuova religione a quelle esistenti, ma, al contrario, volle abbattere tutte le barriere che impediscono all'uomo di essere fratello all'uomo e specialmente all'uomo più diverso, più disprezzato.
Egli disse: quando sarò sollevato da terra attirerò tutti a me. Non prima, dunque, ma proprio nel momento in cui, sollevato sulla croce, egli entrò nell'agonia ed emise il suo spirito, spogliato di tutte le determinazioni. Non era più, allora, né di razza semitica, né ebreo, né figlio di David. Era universale, com'è universale il nulla della morte, e com'è universale la qualità che in quell'annullarsi divampò: l'amore per gli altri fino all’annientamento di sé.
E in questo annientamento per amore la definizione di Gesù, uomo planetario. Prima di morire gli avevano gridato: "Se sei figlio di Dio, salva te stesso". Ma non poté salvarsi perché aveva deposto fin dal nascere la cintura di salvataggio. Fu così che discese agli inferi. Perfino il suo Dio l'aveva abbandonato nel momento in cui, scivolato nell'oceano della morte, divenne per sempre il fratello di tutti i disperati. La sua universalità va riposta qui, in questo suo libero insediarsi, per amore degli uomini, nel cuore della totale negatività. (…)
“Tempo fa un mio fratello di fede, anzi un vescovo, ha detto che prendere la croce e seguire Gesù vuol dire scegliere il disarmo unilaterale.  Paradosso profondo, in cui mi ritrovo. Ma i paradossi che dovremo dire sono innumerevoli. Gesù rivelò cose che solo a noi è dato capire, perché solo oggi la misura dell'iniquità ha raggiunto il colmo. Quando sento ripetere che il messaggio di Gesù è universale perché egli è il Logos nel quale, dal quale e per il quale tutte le cose sono state create, una specie di immenso sbadiglio mi sale dal profondo, come dinanzi ad una verità resa vacua dall'abuso. Ma quando rifletto in silenzio sui gesti concreti con cui egli, mettendosi contro gli uomini della religione e del potere, andò incontro ai poveri, ai miti, agli afflitti, ai perseguitati è come se scorgessi nel buio un sentiero di luce, il sentiero che ancora oggi discende alla profondità degli inferi dove il senso e il non senso, la vita e la morte, l'amore e l'odio si confrontano. Qui tutte le identità perdono di senso per lasciar posto all'unica che ciascuno è in grado di dare a se stesso, al di fuori di ogni eredità, semplicemente con l'assumersi o col rigettare le responsabilità del futuro del mondo.
Se noi lasciamo che il futuro venga da sé, come sempre è venuto, e non ci riconosciamo altri doveri che quelli che avevano i nostri padri, nessun futuro ci sarà concesso. Il nostro segreto patto con la morte, a dispetto delle nostre liturgie civili e religiose, avrà il suo svolgimento definitivo. Se invece noi decidiamo, spogliandoci di ogni costume di violenza, anche di quello divenuto struttura della mente, di morire al nostro passato e di andarci incontro l'un l'altro con le mani colme delle diverse eredità, per stringere tra noi un patto che bandisca ogni arma e stabilisca i modi della comunione creaturale, allora capiremo il senso del frammento che ora ci chiude nei suoi confini. È questa la mia professione di fede, sotto le forme della speranza. (…). Io non sono che un uomo.
Padre Ernesto Balducci     (da L’uomo planetario, 1985)

mercoledì 24 maggio 2017

LA TARI E IL RICICLO SVANITO NELLE PERIFERIE.


Come tutti i cittadini pistoiesi in questi giorni ho ricevuto la Tari, la tassa sui rifiuti. Pensavo che la raccolta differenziata della carta fosse una delle poche cose che funzionasse decentemente in citta, nell'ambito del riciclo.
Mi sbagliavo. Al di la' che per recuperare i sacchi, una volta facilmente disponibili, bisogna recarsi in ore contingentate in Sant'Agostino, ora scopro che molte zone periferiche della citta' sono scoperte. Il ritiro avviene in teoria ogni due settimane, ma, non per la prima volta, via vecchia montanina, dove abito, e' stata saltata. Cosi' si disincentivano i cittadini a differenziare e ci si ritrova anni luce indietro anche rispetto ai comuni vicini. Qualunque cosa si dica su Per Samuele Bertinelli...

Francesco Lauria
LA PAURA DENTRO. 
Da Ruffilli a Manchester.



Un mio ricordo di infanzia è il volto del giornalista del Tg1 che annuncia l'assassinio di Roberto Ruffilli da parte delle Brigate Rosse. Allora non conoscevo chi fosse il fine giurista della sinistra democristiana ucciso, con un colpo di coda dalle Br, alla fine degli anni ottanta. Mi rimase impresso come lui avesse risposto al citofono come a un postino, avesse aperto la porta e, inaspettatamente, fosse stato dilaniato da una selva di proiettili. Così come ricordo bene il momento della morte  non di Giovanni Falcone, ma quella di Paolo Borsellino. Ero in macchina con mio zio, risalendo verso le montagne delle mie origini, il Pollino in primis. Mi ricordo che fermò la macchina, senza parole quando l'autoradio della sua Audi diede questa notizia. E ricordo anche quando mi prese la paura, inafferrabile e pervasiva, dopo l'orrenda esplosione di Via dei Georgofili, a Firenze.

Ieri sera, salutando mio figlio, preparando la borsa per il mio viaggio a Roma di oggi e pensando ai luoghi inglesi attraversati solo la scorsa settimana, confesso, ho risentito dentro di me esattamente quella paura di circa venticinque anni fa.
Il terrorismo si esprime in molte forme, oggi si inserisce in quella delirante guerra mondiale a pezzetti che ci ricorda Papa Francesco. Irrazionalità ed interessi strategici si mescolano in un cocktail incomprensibile e intollerabile, si rialzano muri e cresce la paura per il diverso così come l'incertezza su chi siamo noi nel mondo.
Vorrei chiudere con parole di speranza e di rivolta, ma oggi prevale purtroppo una inevitabile quanto profonda inquietudine.

Francesco Lauria

sabato 20 maggio 2017

Le Fornaci e noi (di Massimiliano Filippelli)


Ci sono quartieri periferici di una città che assumono la valenza simbolica della marginalità, di tutto ciò che quella città non vorrebbe assumere  e lo rigetta prendendone le distanze: le Fornaci a Pistoia è uno di questi.  
Non dimentichiamo soprattutto di quel grigio, asettico, non-luogo rappresentato dal Triangolo, progettato e costruito nella seconda metà degli anni 80, che offende lo sguardo per la sua disarmonica presenza con il contesto del paesaggio. Le persone che sono costrette a contemplare la bruttezza perché ci vivono, senza una dovuta resistenza, rischiano di esserne condizionati!
Qualche sera fa ho avuto occasione di ascoltare alcuni cittadini di quel quartiere, come candidato nella lista civica che sostiene Ginevra Lombardi, presente al dibattito.
Il gruppo di persone lì riunito ci aspettava per sentire quali proposte di cambiamento porta avanti il progetto della nostra lista per una zona così maltrattata in questi anni d'incuria e degrado progressivo. Ginevra Lombardi ha esposto inizialmente tutte le battaglie fatte sul fronte dei beni comuni, comitati dell'acqua pubblica e altro per poi esporre un progetto di miglioramento e promozione del territorio con l'apertura di un punto vendita  Eataly   che potrebbe dare lavoro a tanti giovani e non che sono a spasso, creando  un circolo virtuoso di miglioramento dell'immagine del luogo. 
Le persone riunite hanno replicato con i loro punti di vista senza nessun ritegno e in modo genuino, esprimendo  la preoccupazione per l'arrivo di numerosi immigrati, per il degrado diventato rilevante in tutti questi anni di nuovi arrivati, per la mancanza di sicurezza e la paura ad aprirsi. 
Pur senza alimentare o giustificare in nessun modo atteggiamenti di esclusione e di razzismo, non è possibile tacere il grido che in vari modi si leva dalle storie di ognuno, anche se in piccoli frammenti, dove sembra delinearsi una comunità campione in cui si rende palese da una parte il desiderio di un miglioramento  e dall'altra rassegnazione e rabbia.

Massimiliano Filippelli


venerdì 12 maggio 2017

IN NOME DELLA ROSA

I FIORI VENGONO DALL’ETIOPIA? MA CHE DICI?


Frammenti teatrali tra varietà e realtà,  inseguendo la dignità del lavoro in Italia e in Africa, tra diritti e ambiente, parità e delocalizzazione.  Ispirato al
lavoro ISCOS - CISL “BIANCOFIORENERO”
Scritti e diretti da ORLANDO FORIOSO
con  Massimo Bartolesi, Marco Bertini, Irene Caltagirone,  Sabrina Carrara, Stefano Del Dotto, Lidia D'Errico, Massimo Domini,  Marco Giori, Martina Miceli, Francesca Panteri, Fabio Paoli, Tania Pasquinelli, Lorenzo Spadoni.
Foto e video Silvio Siciliano
Una produzione Teatro dei Garzoni,  in collaborazione con il Centro Studi, Ricerca e Formazione CISL,  e con il sostegno e il patrocinio del Comune di Pescia, nell’ambito delle iniziative di Pistoia Capitale Italiana della Cultura 2017
A Pescia, sabato 13 maggio sarà una giornata dedicata alla dignità del lavoro, all’ambiente, alla parità dei diritti e alla delocalizzazione, con al centro l’economia dei fiori. La giornata inizierà alle ore 10.00 al MEFIT - Mercato dei Fiori, con una serie di interventi e una rappresentazione a cura del Teatro dei Garzoni rivolta agli istituti scolastici superiori, mentre al pomeriggio alle 17.00 alla Biblioteca Comunale “G. Magnani”, la messa in scena IN NOME DELLA ROSA sarà aperta, ad ingresso libero, alla cittadinanza.
Un mazzo di splendidi fiori è sempre un omaggio gradito. Quello che ignoriamo è che, quando giunge a noi, quel mazzo leggiadro ha un lungo viaggio alle spalle, con molte tappe, e tante celle frigorifere. La maggior parte dei fiori oggi venduti ed acquistati in Italia provengono da paesi inaspettati: Kenia, Colombia, Ecuador, Malesia e soprattutto Etiopia. Dalle zone del sud di quel paese le  rose volano ad Amsterdam e da lì, mescolate le carte, se ne perdono le tracce e le ritroviamo nei nostri mercati dei fiori della Toscana, spacciate per rose locali. Nulla di male, se dietro a tutto questo non ci fosse il ritorno di una nuova forma di schiavismo e d’inquinamento del mondo. In quelle serre l’80% del personale sono donne. I diritti, i salari, le condizioni sanitarie, le violenze sulle donne, l’inquinamento di pesticidi, lo sfruttamento accanito del territorio … Queste sono tematiche che, già note a noi, diventano soggetto per le nuove forze lavorative africane.
Per far conoscere meglio questa realtà, nel 2015 l’I.s.c.o.s.- Istituto di Cooperazione Sindacale allo Sviluppo ha realizzato il dvd "Bianco fiore nero". Allo stesso tempo, sempre I.s.c.o.s., con la C.e.t.u.- Confederazione sindacale etiope, ha avviato un progetto per promuovere i diritti delle donne che lavorano nel settore florovivaistico direttamente nella loro terra: in Etiopia.

Nel 2016 l’esperienza di I.s.c.o.s. é stata, a sua volta, raccolta dal Centro studi CISL di Firenze – Fondazione Tarantelli Centro Studi Ricerca e Formazione. Ma è stato l’incontro con il Teatro dei Garzoni, diretto da Orlando Forioso, che ha trasformato un significativo lavoro sindacale che investe più ambiti (dignità del lavoro,diritti e ambiente, parità e delocalizzazione, ecc.) in una vera e propria esperienza teatrale, ironica, divertente ed allo stesso tempo piena di informazioni e riflessioni.
La rappresentazione è una sorta di varietà sociale/comico moderno, ricordando certi spettacoli degli anni 70, con comicità, poesia, musiche, sketch, canzoni, solo che riporta tutto questo in maniera più consona ai ritmi ed ai gusti dei nostri giorni. Inizia come un normale corso di formazione per sindacalisti, ma subito si intuisce l’ironia e la comicità. E poi un funerale che diventa un numero felliniano, il party in ambasciata, Romeo e Giulietta non poetici, la trasmissione televisiva, il quiz, il venditore abusivo di fiori, la poesia di Gibran sul lavoro, la testimonianza, la signora che si vuol far nera per andare a lavorare in Africa con tutta la famiglia, fino al coro finale per canzoni e citazioni. 
Nel divertimento passano tutte le informazioni serie sulla situazione della floricultura tra Italia e Africa.
Dopo Firenze (Fiesole) e Cesenatico, oggi questo originale percorso non poteva che approdare a Pescia. Non tanto perché il Teatro dei Garzoni ha sede proprio in questa città e l’interesse per i temi civili fa parte del patrimonio laboratoriale e teatrale del gruppo, ma soprattutto perché Pescia può vantare una storia unica riguardo le attività legate alla coltivazione e alla commercializzazione dei fiori.
L’Amministrazione Comunale e il Mefit-Mercato dei Fiori di Pescia hanno, a loro, volta accolto la proposta e la sfida, mettendo a disposizione due luoghi significativi, ovvero il mercato stesso con la sala dove storicamente si svolgevano le aste dei fiori, e la Biblioteca Comunale “C. Magnani”, che sempre più diventa luogo di incontro e di riflessione per la cittadinanza.

Info e prenotazioni presso la Biblioteca al 0572 49.09.49.

martedì 9 maggio 2017

IL DERBY DI MADRID, PISTOIA, LO STADIO VINCENTE CALDERON E LE VILLE SBERTOLI



I
n questi giorni mi trovo a Madrid per un progetto europeo di ricerca, cui ho attaccato, ieri, una giornata di ferie. Una strana disavventura è stata molto istruttiva e mi ha fatto riflettere.
Arrivato all'hotel prenotato, uno dei tanti a Madrid della catena multinazionale spagnola NH, per un disguido ho trovato la camera riservata solo dal giorno seguente.
E' cominciata una ricerca affannosa di un hotel libero, difficile anche a causa del molto sentito derby Atletico-Real per la semifinale di Champions League che coinvolge i tifosi cittadini, ma che ha visto arrivare in città anche molte persone da fuori, giornalisti compresi.
Per uno scherzo del destino l'unica stanza nella catena Nh trovata libera era proprio nell'Nh vicino allo stadio dell'Atletico, il Vincente Calderon, in tutt'altra zona del mio convegno, nella parte Sud di Madrid, molto più popolare ed anche molto meno impersonale di quella cui ero destinato. Un simpatico tassista sulla sessantina mi ha accompagnato all'albergo, sfidando il traffico caotico della capitale spagnola.
Era un tifoso sfegatato dell'Atletico, un ex contadino, persona semplice. Mi ha raccontato come l'Atletico fosse la squadra dei poveri e, almeno dal suo punto di vista, il Real la squadra di Franco e dei militari. Era molto scettico sulle possibilità di rimonta della sua squadra biancorossa, anche per le "entrature" politiche dei cugini, oltre che per il 3-0 sonoro dell'andata, giocata al Santiago Bernabeu.
Mi ha aggiunto anche che quello di oggi sarà l'ultimo derby giocato al Vincente Calderon uno stadio da 60.000 posti in mezzo alle case e ai quartieri popolari che sono il luogo naturale del tifo per la "seconda" squadra di Madrid.
Presto verrà inaugurato il nuovo stadio dell'Atletico, tra mille torri commerciali, in periferia, vicino all'aeroporto.
Ormai, mi dice il tassista, cui non ho chiesto il nome, il calcio è soprattutto business, a volte mafia, molto raramente è sport.
La cosa mi ha fatto riflettere e mi ha fatto pensare al dibattito pistoiese sulle Ville Sbertoli, il bellissimo complesso architettonico sulle colline delle città, che ha ospitato per decenni una residenza psichiatrica e aule formative ed universitarie, e che ora vive, ormai da vent'anni, nel progressivo degrado.



La risposta all'abbandono non può essere un progetto di vendita a pezzetti, smembramento, destinazioni edilizie private.
E' vero, sembra molto difficile, con la crisi, pensare di trovare le risorse, ma occorre una risposta partecipata, dal basso, uno scatto di orgoglio della città. Occorre recuperare la memoria, per riprendere in mano il presente e tornare a credere in un futuro di progetto.
Non mi dilungo, ho scritto e mi sono documentato molto sul tema.
Solo aggiungo che stasera, tiferò certamente per la quasi impossibile rimonta dell'Atletico, nella sua casa in via di demolizione, piena di ricordi e di passione, sperando che non cada nel degrado come, a Roma, lo stadio Flaminio vittima di un intento speculativo anch'esso senza memoria e senza progetto che niente ha a che fare, ha ragione il mio tassista madrileno, con la bellezza della passione per lo sport e per il calcio.
Così è, nella piccola Pistoia, per le Ville Sbertoli. Se non ci si ribella al progetto di smembramento, così come all'oblio e al degrado attuale, si da, implicitamente ragione, a chi crede che con la bellezza, la memoria, la sanità, la cura, l'educazione, si possa semplicemente fare mercato, magari spacciandosi anche per persone e organizzazioni di sinistra.

Francesco Lauria

lunedì 8 maggio 2017

MA LE GIUBBE ROSSE NON UCCISERO ALDO MORO...
Nel 1999 Lapo Pistelli mi donò, a margine di un'iniziativa dell'Ulivo (o di ciò che ne rimaneva...) una copia del libro che aveva scritto con un giovanissimo Matteo Renzi, allora laureando in giurisprudenza, che si intitolava significativamente: "MA LE GIUBBE ROSSE NON UCCISERO ALDO MORO". Il libro era un dialogo immaginario tra un fratello maggiore (Lorenzo) e un fratello minore (Jonas), sulla politica. In un passaggio su memoria e futuro, il fratello maggiore ricorda che, in uno show televisivo, un ragazzo aveva risposto alla domanda: "quando e chi ha ucciso Aldo Moro", con: 1962 e le Giubbe Rosse. Di lì, nel libro, si sviluppa una riflessione, direi abbastanza profetica, visto poi il percorso di Renzi, su importanza e superamento delle radici. Tornando alla figura di Aldo Moro e al sacrificio suo e e degli uomini della scorta, a Pistoia, meritoriamente, ogni anno il Centro Studi G. Donati lo ricorda ai ragazzi, con una pubblicazione ad hoc. Non dimentichiamo, senza creare santini, ma con il dovuto rispetto Aldo Moro, la sua figura politica, umana e culturale e le conseguenze politiche e sociali del suo barbaro e non ancora mai pienamente chiarito assassinio.

Francesco Lauria

venerdì 5 maggio 2017

 In nome della rosa, da dove vengono i fiori? Pescia, 13 maggio.

Con questo articolo segnalo l'invito ad un'iniziativa credo, "significativa".

Tutto inizia con il progetto in Etiopia di Iscos Marche ed Emilia Romagna, e con la produzione, in collaborazione con la Fai Cisl (federazione dei lavoratori agricoli) di un documentario che io ritengo bellissimo: "Bianco Fiore Nero".
Un documentario che racconta della produzione e del commercio di fiori, in particolare delle rose.
Una produzione, quella dei fiori, ormai in mano a multinazionali tedesche e olandesi, e concentrata in paesi africani come Etiopia e Kenya e, in forma minore, in America del Sud.

Ecco il link per visionarlo:
http://kivulifilm.com/video/biancofiorenero/

Incuriosito dal parallelo che il documentario, senza approcci ideologici, faceva con la crisi della produzione dei fiori a Sanremo (di qui il coinvolgimento della Fai) ho approfondito la situazione di Pescia e di un territorio, contiguo a quello dove abito, che ha visto, in pochi decenni, una profonda trasformazione dalla produzione alla (quasi) sola commercializzazione dei fiori.

Qui alcuni articoli:
http://www.reportpistoia.com/societa/item/29335-quel-bouquet-di-fiori-tra-l-etiopia-e-pescia-contraddizioni-e-sfide-della-nostra-globalizzazione.html
http://www.reportpistoia.com/societa/item/30917-le-frontiere-di-pescia-fiori-globalizzazione-e-il-mondo-di-prima.html

Grazie all'incontro con Alessandro Vicini, formatore nazionale della Filca Cisl e ricercatore, per Iscos, nel progetto sui diritti dei lavoratori e delle lavoratrici in Etiopia, è venuta l'idea di
prendere ispirazione dal documentario Iscos e di realizzare uno spettacolo: "In nome della rosa. I fiori vengono dall'Etiopia, ma che dici?" che il regista Orlando Forioso e la compagna teatrale: "Teatro dei Garzoni" hanno ideato, scritto, prodotto e poi messo in scena, per la prima volta qualche mese fa, al Centro studi nazionale Cisl di Firenze.

Non potevamo non impegnarci per rappresentare questo spettacolo a Pescia.



Dopo una lunga gestazione sabato 13 maggio sarà  promosso un doppio evento: il primo momento alle 10, destinato in particolare ai ragazzi delle scuole superiori, proprio al Mefit, il mercato dei Fiori il secondo alle 17, presso la Biblioteca Comunale di Pescia.
Per questo ringraziamo il Mefit, il Comune di Pescia, il Crea Viv, l'istituto di ricerca sulla floricoltura, l'associazione Teatro dei Garzoni, con la sua instancabile presidente pesciatina Tania Pasquinelli, che hanno creduto e supportato il progetto.

Grazie alla loro presenza in Italia in occasione dei congressi della Cisl Emilia Romagna e della Cisl Marche all'iniziativa del mattino ci sarà la presenza, davvero eccezionale, di due lavoratori e rappresentanti del sindacato etiope.

Speriamo sia occasione di riflettere, in particolare insieme a ragazze e ragazzi, con un linguaggio artistico, sulle contraddizioni, ma anche sulla realtà della globalizzazione e sul tema della responsabilità  sociale di territorio: nell'ottica di difendere la dignità  del lavoro e dell'ambiente e di promuovere un'economia equa e non meramente schiava del mercato.
A partire dalla bellezza, dai colori, dalla poesia, dalla musica, dal significato, dei fiori.

Qui gli inviti con i programmi completi.
http://www.centrostudi.cisl.it/centro-studi/rassegna-stampa-news/329-13-maggio-pescia-in-nome-della-rosa-i-fiori-vengono-dall-etiopia-ma-che-dici.html

Francesco Lauria

lunedì 1 maggio 2017

Bartoli, Damilano 
e la Pistoia/Repubblica dei selfie


Conosco Marco Damilano da molti anni.

Confesso che, forse con l’eccezione del libro “Il partito di Dio”, che dedicò alla curia ruiniana, con una non velata allusione agli “hezbollah libanesi”, testo che, forse, poteva essere scritto meglio, sono, da sempre, un suo grande fan che attende con frenesia ogni uscita dei suoi libri.

Nel 2012 gli dedicai una lunga intervista in occasione della pubblicazione del suo bellissimo volume: “Eutanasia del potere”, un testo che raccontava il suicidio di un’intera classe politica in occasione di Tangentopoli.
L’intervista si intitolava, non a caso: “Eclissi della politica”.


Un bel libro di Marco Damilano è uscito anche nel 2015 e si intitola: “La Repubblica dei selfie (dalla meglio gioventù a Matteo Renzi)”. Damilano ci ricorda che, nel nostro paese, c’è stata prima la repubblica della rappresentanza. Poi è arrivata la repubblica fondata sulla rappresentazione. Quel che sta nascendo, ci ammonisce, è la repubblica dell’autorappresentazione: una “selfie repubblica”.



Il libro, che sarebbe troppo complesso riassumere in queste righe, mi ha fatto pensare a quella che, finora, è stata la compagna elettorale a Pistoia di Roberto Bartoli.

Una persona che ha avuto, fino a pochissimi mesi fa, incarichi molto significativi di partito, a tutti i livelli, fino a quello nazionale e che ora si presenta, senza senso del limite, come novello Macron (la moda del momento?) al di sopra di destra e sinistra, con un programma cangiante, direi “a la carte” a seconda degli interlocutori e un progetto totalmente fondato sulla propria debordante persona, alfa e omega di tutto.

Basta guardare sui suoi profili social. Selfie di Bartoli in ogni dove, in ogni occasione. Sorrisi stampati, in cui la città e i cittadini sono comprimari. C’è solo lui.

Senza alcune acredine personale mi sento di dire che una campagna così è poco credibile: da essa manca la città e la realtà. E’ tutta autorappresentazione a partire da un improbabile e improvvisato profilo civico che, più che sorridere, fa ridere.

Il vero cambiamento, mi permetto di sospettare, è altrove.

Francesco Lauria

Pubblicato su Report Pistoia il 1° maggio 2017

http://www.reportpistoia.com/agora/item/47842-bartoli-damilano-e-la-pistoia-repubblica-dei-selfie.html