mercoledì 24 maggio 2017

LA PAURA DENTRO. 
Da Ruffilli a Manchester.



Un mio ricordo di infanzia è il volto del giornalista del Tg1 che annuncia l'assassinio di Roberto Ruffilli da parte delle Brigate Rosse. Allora non conoscevo chi fosse il fine giurista della sinistra democristiana ucciso, con un colpo di coda dalle Br, alla fine degli anni ottanta. Mi rimase impresso come lui avesse risposto al citofono come a un postino, avesse aperto la porta e, inaspettatamente, fosse stato dilaniato da una selva di proiettili. Così come ricordo bene il momento della morte  non di Giovanni Falcone, ma quella di Paolo Borsellino. Ero in macchina con mio zio, risalendo verso le montagne delle mie origini, il Pollino in primis. Mi ricordo che fermò la macchina, senza parole quando l'autoradio della sua Audi diede questa notizia. E ricordo anche quando mi prese la paura, inafferrabile e pervasiva, dopo l'orrenda esplosione di Via dei Georgofili, a Firenze.

Ieri sera, salutando mio figlio, preparando la borsa per il mio viaggio a Roma di oggi e pensando ai luoghi inglesi attraversati solo la scorsa settimana, confesso, ho risentito dentro di me esattamente quella paura di circa venticinque anni fa.
Il terrorismo si esprime in molte forme, oggi si inserisce in quella delirante guerra mondiale a pezzetti che ci ricorda Papa Francesco. Irrazionalità ed interessi strategici si mescolano in un cocktail incomprensibile e intollerabile, si rialzano muri e cresce la paura per il diverso così come l'incertezza su chi siamo noi nel mondo.
Vorrei chiudere con parole di speranza e di rivolta, ma oggi prevale purtroppo una inevitabile quanto profonda inquietudine.

Francesco Lauria

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