domenica 23 luglio 2017

“Aprire uno scrigno scomodo”: questa sera, a Fiesole, un dialogo da non perdere sui Diari di BrunoTrentin


Chissà se e come avrebbe descritto nel suo diario Bruno Trentin l’alba di oggi, all’Elba.
Il tentativo di scrivere ascoltando le onde vicine e inquiete del mare, lo scoprire, insieme ad una luce estiva insolitamente opaca, l’eco di una pioggia, di cui il sonno, pur leggero, non si era accorto.
Il diario di Trentin è pieno di questi momenti, in cui si accorge delle piante che hanno germogliato nel suo ritiro di Amelia, in cui racconta della fuga dal temporale che sorprende lui e Marie (Marcelle Padovani) in Corsica, in cui sospende le sue, spesso amare, riflessioni sulla politica e sul sindacato o magari sulla natura del marxismo, per raccontare di una fuga fugace a Sperlonga. Senza dimenticare, ovviamente, le sue innumerevoli arrampicate in montagna, partendo dalla base di San Candido, che sarà anche il luogo della sua rovinosa caduta in bicicletta che ne determinerà la lunga agonia e poi la morte, esattamente dieci anni fa.
Nonostante diverse ore rubate a diverse notti, non sono riuscito, come speravo, ad ultimare per la giornata di oggi l’articolo, concordato con Conquiste del Lavoro, in cui provare a tratteggiare qualcuna delle innumerevoli, interessantissime e mai comode chiavi di lettura che i Diari intimi e personali di Bruno Trentin ci possono fornire.
La pubblicazione di Ediesse, curata da Igino Ariemma, racchiude, integralmente e senza tagli, le ruvide e affascinanti pagine che accompagnano Trentin durante la sua guida, come segretario generale, della Cgil, insieme a sei anni decisivi e turbinosi sul piano nazionale ed internazionale: dal 1988 al 1994.
Gli anni, anche, della caduta del comunismo nei paesi dell’Est e, conseguentemente, del crollo e della frantumazione del PCI e della fine, tormentata, viscosa, illusoria, della nostra Prima Repubblica.
Marcelle Marie Padovani , la moglie di Trentin, parla nella sua breve introduzione degli  “anni più difficili”, dell’acuta solitudine, accompagnata da tre crisi: politica (all’interno e all’esterno del sindacato) esistenziale (con depressioni ricorrenti), di coppia (poi risolta positivamente).
Ma nei diari, come scrive Marie, c’è anche, in un contrasto deflagrante e affascinante, la gioia di vivere, l’esistere nell’arrampicare, un amore sconfinato per la lettura (e, a giudicare dalla mole dei diari, anche per la scrittura) di questo “intellettuale sindacalista”, come lo definisce Ariemma.
Nel diario ci sono i momenti topici della “concertazione” e i tormentati accordi del luglio del 1992 e del 1993, ci sono viaggi di lavoro e di vita, alcuni poetici e profondissimi, come quelli in Messico ed in Sud Africa, e ci sono domande molto attuali, come quelle scritte a se stesso nel settembre del 1990: “Quale partecipazione? Quali rapporti fra la democrazia economica e l’umanizzazione del lavoro? Quale politica dei redditi: con la centralizzazione e la monetizzazione della contrattazione collettiva o con una politica fiscale manovrata? Quale contrattazione collettiva: su quale contenuti e dove? Quale il rapporto tra la difesa e la promozione del godimento dei diritti individuali e la contrattazione collettiva? Quale periodicità della contrattazione nazionale ? Quale riforma istituzionale? E al servizio di quale governo dell’economia? Quale il posto dell’umanizzazione del lavoro e della riconversione ecologica nella politica economica dello Stato?”
Trentin anticipa e riflette sulle trasformazioni tecnologiche, le collega, spesso amaramente, con la perdita di potere rispetto al governo dell’organizzazione del lavoro.  Dai temi del lavoro passa spesso alla riflessione sulle diverse nature, diverse vie del socialismo: sono le pagine che accompagnano, in particolare, il massacro di Piazza Tienanmen, con il rifiuto endemico della via autoritaria e totalitaria che soffoca la libertà e la democrazia, innanzitutto del lavoro, e il domandarsi come agire per far vivere, invece, “la via libertaria, del primato della liberazione del lavoro come nucleo creativo della democrazia”.
Sta qui anche il nucleo della riflessione amara e tormentata sul sindacato come soggetto politico la cui pulsione identitaria sta nella concretezza del progetto e del programma: quel sindacato dei diritti, spesso, anche recentemente,  non ben compreso e misconosciuto con eccessiva leggerezza e superficialità.
Lo scrigno delle letture di Trentin, puntigliosamente annotate nel diario, è un tesoro immenso per ricostruire il suo percorso intellettuale e, direi, etico esistenziale, non solo per i saggi, ma anche per le novelle, i romanzi, i racconti.
Uno scrigno da cui attingere, anche criticamente, così come, non è mai tempo perduto ripercorrere il  solco di un uomo assolutamente unico nel panorama politico e sindacale italiano ed europeo.
Un’Europa, quella federata e sociale, che Trentin ha nel sangue, che desidera costruire concretamente (e per questo dedica alle burocrazie europee, anche sindacali, affondi durissimi)  e che, come gran parte dei veri costruttori dell’Europa, ha maturato dentro di sé, valicando i confini, praticando la Resistenza,  inseguendo le orme di un grande padre: Silvio Trentin.
Gli spunti sul diario sarebbero ancora tantissimi: a partire dalla provocazione, anche per il pensiero di matrice cristiana, dei suoi riferimenti, molto profondi ed esigenti,  al personalismo francese.
Di tutto questo si discuterà questa sera, alla festa dell’Unità di Fiesole, in un  importante dibattito organizzato dalla Libreria Alzaia e da Enrico Ricci, che fa seguito, tra le altre, alle preziose serate di riflessione sulle donne elette alla Costituente e su Don Lorenzo Milani.
Il confronto si svolgerà lunedì 24 luglio alle 21, presso l’area verde di Montececeri, a Fiesole, con Igino Ariemma, curato dei Diari, Guido Sacconi e la mia amica “trentiniana” Ilaria Lani, della Cgil di Firenze.

Francesco Lauria

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