mercoledì 19 luglio 2017

DA DOVE RIPARTIRE? Messaggio in bottiglia a Samuele Bertinelli



Da quando, a Pistoia, si è verificato uno tsunami simile a quello che portò alla grandissimo cambiamento di Parma, nel 1998, non smetto di interrogarmi su quello che è successo. Un cambiamento l'ho auspicato anche io, fin da quando, ai primi di dicembre dello scorso anno, appena prima del referendum, ho maturato la decisione, molto profonda di abbandonare il Pd e anche il sostegno ad un'amministrazione della città che pubblicamente avevo definito come avviluppata in una torre d'avorio, molto distante dai bisogni e dai desideri dei cittadini di un comune molto complesso e ampio come quello di Pistoia.
Certamente, dal punto di vista personale, ho sbagliato molto, sostenendo un progetto che si è rivelato privo di rigore programmatico e di metodo democratico e che si è infranto e frantumato nelle proprie irrisolvibili contraddizioni anche etico-motivazionali. In questi mesi, però, è stato possibile guardare un po' meglio alle tante sfacettature di Pistoia, alle sue crisi, alle sue, per citare Papa Francesco, "periferie esistenziali". Già, perchè oggi la solitudine della politica si infrange con la solitudine e la rabbia delle persone. 
Questo mi è stato lampante in una contraddittoria e al tempo stesso illuminante serata alle Fornaci, in cui si leggeva un quartiere in cui sono cresciuti muri e deserto, nella distrazione di chi avrebbe dovuto valorizzare le potenzialità di riscatto e di cooperazione che pure sono percepibili.
E' da lì, non da altro, che deve ripartire chi, dopo settant'anni ha perso il potere e il governo. Deve ripartire dal farsi attraversare dalla realtà delle persone, delle comunità, della solitudini, così come dai progetti generativi che nemmeno vengono visti, figuriamoci sostenuti. Non serve a nulla fare la lista di chi avrebbe tradito o di chi si fosse sfilato in corso d'opera. Altri, attirati dai nuovi spartiti del potere, si sfileranno ulteriormente, spariranno. In un post l'ex sindaco, Samuele, ricorda con orgoglio le sue origini socialiste, lo ritrovate qui:https://www.facebook.com/Samuele.Bertinelli/posts/1647567931921391 .
 Mi sento di affiancare un'altra chiave di lettura trovata nei tormentati, quando illuminanti, scomodi e a tratti irritanti diari di Bruno Trentin. Nei giorni, drammatici di Tienanmen, Trentin, allora segretario generale della Cgil, riflette con ancora più forza sulle varie anime del marxismo e del socialismo e ricorda: "In questa lunga contesa, in questa eterna contrapposizione fra l'anima libertaria, autogestionaria del socialismo e l'anima statalista - quella della coesione dall'alto - sta certamente la radice delle nostre responsabilità e delle nostre sconfitte. Ma c'è anche la ragione della nostra speranza".


Trentin parla della libertà. del potere della persona (non certo da sola... non è Blair) contro la felicità elargita, parla del valore della libertà personalmente conquistata e praticata con la conoscenza e l'autorealizzazione. E' su questo messaggio in bottiglia che voglio concentrarmi: non serve rimanere prigionieri del passato, ma guardare ad un nuovo progetto che fonda il proprio orizzonte di senso nella liberazione reciproca delle persone, a partire da quelle più arrabbiate, impoverite, isolate. 
E' questa la sfida di un socialismo che, come in Trentin, con tutte le sue spigolature, si alimenta anche nel personalismo cristiano e cerca di rovesciare, con tormento, con angoscia, ma anche con ostinata speranza, il piano inclinato della storia. E' da qui che occorre ripartire, non da sè stessi e dalle ombre di un passato non più generativo e che, mi permetto di suggerire, mi sembra davvero da superare.

Francesco Lauria

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