mercoledì 1 novembre 2017

MICHELE GESUALDI e la LETTERA SUL FINE VITA.

Ho conosciuto Michele Gesualdi non direttamente, se non attraverso le sue opere.
Ieri, ad esempio, mi trovavo allo stupendo Villaggio La Brocchi a Borgo San Lorenzo che ebbe la luce, circa oltre venti anni fa, anche grazie al suo impulso decisivo mentre era Presidente della Provincia di Firenze e che ancora oggi ci mostra un modello innovativo e di successo di integrazione socio-lavorativa di migranti e rifugiati nel territorio.
L'emozione che mi hanno regalato il suo ultimo libro sulla figura di Don Lorenzo Milani e l'esperienza condivisa di Barbiana e l'incontro con la figlia Sandra e la moglie, oltre alle tante attività che continua a portare avanti, nonostante la Sla che avanza inesorabile, mi danno il segno di quanto lui ami la Vita, non solo la sua.
La sua lettera sul testamento biologico non mi ha, quindi, lasciato indifferente.
I termini della questione sono spiegati molto bene: da un caso concreto si può capire molto di più che da mille libri.
Per questo condivido il suo pensiero con voi, ora che è stato rilanciato da Repubblica e Corriere della Sera, in realtà dopo alcuni mesi che la sua lettera sul fine vita è stata scritta.
Non sarò mai favorevole all'eutanasia, solo, comprendo, come il testamento biologico sia qualcosa di profondamente diverso e che non ci può lasciare indifferenti e inerti.
Anche di questo dobbiamo essere grati a Michele
Firenze, l'allievo di don Milani sul testamento biologico: "Fate presto ho la Sla, non voglio essere torturato".
L'appello di Michele Gesualdi per la legge sul fine vita: "Non si tratta di favorire l’eutanasia, ma solo di lasciarmi libero di scegliere"
“E’ stato un atto di lotta civile”, spiega la figlia Sandra. Un atto condensato in una lettera-appello inviata ai presidenti di Camera e Senato per chiedere l’urgente approvazione della legge sul “fine vita”. A dettarla Michele Gesualdi, profondamente cattolico, uno dei primi sei allievi di don Lorenzo Milani nella scuola di Barbiana, poi dirigente Cisl e presidente della Provincia di Firenze subito prima di Matteo Renzi. Gesualdi ha avvertito i primi sintoni di Sla circa tre anni fa e oggi non si muove più, se non a piccoli passettini, quasi non riesce a parlare. Ma non è per questo come che si è deciso a scrivere la lettera.
Lo ha fatto, come spiega lui stesso, perché in caso di grave crisi respiratoria si può prevedere un intervento di tracheotomia e in caso di ulteriore difficoltà a deglutire si può ricorrere alla gastrotomia endoscopia percutanea. In pratica, dice di sé Gesualdi “mi ritroverei uno scheletro di gesso con due tubi”, uno nella gola e uno nello stomaco. Una prospettiva che l’ex allievo di don Milani ha già deciso di rifiutare. Ma che succede se di fronte ad una crisi respiratoria i familiari chiamano il 118? O se venisse portato al pronto soccorso?
E’ qui che si avverte l’assenza della legge sul “fine vita”, avverte drammaticamente Gesualdi nella lettera. I sanitari sarebbero obbligati ad “interventi invasivi”. Proprio quelli che Gesualdi non vuole. E che giustificano la richiesta di approvare in via definitiva la legge sul testamento biologico: “Non si tratta di favorire l’eutanasia, ma solo di lasciare libero l’interessato, lucido, cosciente e consapevole, di essere giunto alla tappa finale, di scegliere di non essere inutilmente torturato”. In pratica, con la legge sul “fine vita” si dovrebbe perciò legittimare la volontà dell’interessato, attraversa una dichiarazione formale e la nomina di un tutore, in genere un familiare, che garantisca il rispetto della scelta anche di fronte ai medici del Pronto soccorso.
Gesualdi ha scritto la lettera nello scorso marzo, anche se è stata rilanciata da pochi giorni da Radio Radicale. Da allora un testo è stato approvato alla Camera in aprile: “Si tratta di un testo equilibrato, che non ha niente a che fare con l’eutanasia”, dice il deputato del Pd Federico Gelli, uno degli estensori degli articoli. “E contiamo ancora di approvarla in via definitiva anche al Senato prima della fine della legislatura”, aggiunge Gelli.
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Fine vita, appello da Barbiana
«Non voglio più essere torturato»
Michele Gesualdi, allievo di don Milani e malato di Sla, scrive ai presidenti di Camera e Senato: fate presto ad approvare la legge sul testamento biologico
Da tre anni la Sclerosi laterale amiotrofica lo consuma, lo «tortura», lo ha trasformato «in un scheletro rigido come se fosse stato immerso in una colata di cemento». Ma la sua mente, i suoi occhi, sono sempre gli stessi. Così, Michele Gesualdi, ha deciso di scrivere ai presidenti della Camera e del Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso, e a tutti i presidenti dei gruppi parlamentari, per implorarli ad accelerare l’approvazione della legge sul testamento biologico (qui la lettera). Due volte presidente della Provincia di Firenze, storico sindacalista Cisl, Gesualdi è stato uno dei primi sei allievi della scuola di don Milani, a Barbiana. Fu il prediletto di Don Lorenzo, ancora oggi presidente della Fondazione che ne porta testimonianza. «Mio babbo è un cattolico di ferro — spiega la figlia Sandra — aveva scritto la lettera da mesi ma non l’aveva voluta spedire perché aveva paura di creare compassione e soprattutto paura di essere strumentalizzato. Per lui volontà e dignità della persona devono essere al centro di tutto. Ma la sua lettera non è nel modo più assoluto un’apertura all’eutanasia». Michele Gesualdi, nella lettera, racconta il suo dolore e quello dei suoi famigliari. Ripete più volte la parola «tortura».
«Rifiutare trattamenti invasivi non è un’offesa a Dio»
E chiede una legge che non renda più rapida la sua fine, ma che gli permetta di alleviare la sua sofferenza: «Accettare il martirio del corpo della persona malata quando non c’è nessuna speranza né di guarigione né di miglioramento, può essere percepita come una sfida a Dio», scrive. Un ribaltamento di prospettiva per un militante cattolico. Rifiutare trattamenti invasivi, come l’alimentazione o la ventilazione forzate, non è «un’offesa a Dio che ci ha donato la vita». Gesualdi incalza: «Non si tratta di favorire l’eutanasia, ma solo di lasciare libero l’interessato, lucido cosciente e consapevole, (…) di scegliere di non essere inutilmente torturato». Chiede quindi il diritto a rifiutare trattamenti come la tracheotomia, ma anche la certezza di poter accedere alle cure palliative che gli consentano di spegnersi senza soffrire. Secondo la legge italiana è già possibile rifiutare terapie come la tracheotomia, e in teoria si può accedere alle cure palliative che permettano di non morire tra atroci sofferenze dovute all’insufficienza respiratoria. Ma, si chiede Gesualdi, se la crisi arriva di notte, quando il medico che ha in cura il malato non c’è, cosa può fare un famigliare? Chiamare il 118 e rischiare che gli operatori rifiutino (e possono farlo) di mettere in atto le disposizioni del malato? O non chiamare nessuno, e lasciar morire il proprio caro mentre soffre?
L’incontro con il Papa nel giugno scorso
Il testo mette così a nudo le lacune della legislazione italiana, l’assenza di norme coerenti che tutelino la volontà e la dignità del malato. Gesualdi chiede al legislatore di consentire a lui, e a chi vive come lui di poter scegliere di non essere inutilmente torturato. La lettera, spedita soltanto ora, era stata scritta lo scorso marzo. Il 20 giugno Gesualdi era salito a Barbiana per la storica visita del Papa. Francesco e Michele si erano incontrati, da soli, nella vecchia cucina accanto alla scuola di don Lorenzo, in un dialogo silenzioso, fatto di sguardi, di carezze. Gesualdi aveva consegnato una lettera al Pontefice: «Barbiana resti povera e austera». Sembrava il suo testamento. Invece, dice la figlia Sandra «la malattia è l’ennesimo insegnamento di Michele. La Sla è lenta, devastante, mina lui e tutti noi che gli stiamo intorno. Però il babbo non poteva che reagire così, mettendo questa sua situazione gravosa a disposizione degli altri. Spera che questo suo piccolo, ultimo contributo possa servire a rendere un po’ migliore il mondo in cui viviamo».

Il link alla lettera:

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