sabato 11 marzo 2017

Il degrado del carbonile di Gello e quel sentiero della memoria da riaprire…


Da un paio d’anni, da quando mi sono trasferito nella via Vecchia Montanina di Gello, ogni giorno mi capita di costeggiare il vecchio Carbonile del paese.
Durante questo periodo le condizioni di degrado dell’antico fabbricato sono ulteriormente peggiorate.
Dopo un paio di bandi presentati dal Comune di Pistoia e dall’Amministrazione del Legato Antonini, andati mestamente a vuoto, non si hanno più notizie di progetti o idee di recupero della struttura.
Il Carbonile è un fabbricato storico, in grave stato di abbandono, caratterizzato da una grande maschera di un fauno, in pietra serena, posta sotto il portone di ingresso.
Fu costruito all’inizio del diciannovesimo secolo, proprio all’altezza della confluenza tra i torrenti Vincio e Ombrone, per farvi confluire scorte del combustibile e di legna provenienti da gran parte della montagna pistoiese. Era dotato di una foresteria per la famiglia del custode.
L’idea fu di Pellegrino Antonini, colui che donò alla città la famosa tenuta della “Macchia Antonini”, dove è tradizione riversarsi ogni 20 agosto dell’anno per una festa popolare ancora molto sentita.
Con altre funzioni, il Carbonile è stato abitato fino agli anni settanta, ma oggi è ridotto sostanzialmente in rovina, puntellato in più punti, con il tetto crollato, la bella corte interna ormai invasa da piante e sterpaglie, l’antico pozzo in secca.

Il Carbonile è contiguo al ponte che dà proprio sulla Via Vecchia Montanina, antica porta di ingresso verso la collina e la montagna, una sorta di inizio di un percorso che procede verso antichi sentieri ricchi di cultura, storia, memoria, luoghi di interesse naturalistico.
L’abbandono e il sempre più forte degrado del carbonile, che potrebbe essere inserito in un percorso ampio che raggiunga l’eco-museo della montagna pistoiese, è un perfetto paradigma della mancanza di idee, memoria, interesse storico di un’amministrazione comunale e di un sistema di enti, associazioni e fondazioni incapaci di uscire dalla logica dell’organizzazione di meri eventi, spesso disconnessi dalla vera realtà del territorio in cui vengono realizzati.

Aprire un dibattito vero e non formale su come recuperare questo frammento di storia pistoiese significherebbe finalmente un passo verso un’ottica di sistema per riconnettere la città al proprio territorio, ricostruendo legami sociali e comunitari che non significano mera nostalgia, ma rappresentano le radici necessarie per costruire un futuro sostenibile e un turismo ecologico non di consumo, ma di progetto.
Francesco Lauria




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