domenica 26 marzo 2017

Parma 1998, Pistoia 2017. 

A che punto è il cambiamento?



Il 2 gennaio di quest'anno scrivevo un lunghissimo articolo su Report Pistoia che metteva a confronto la situazione di Parma 1998 (pre ribaltone rivoluzionario di Ubaldi e Tommasini) e la Pistoia del 2017 nel quale sembra che non sia per nulla facile uscire da un copione ripetuto da decenni.

Chi avesse il fegato di rileggersi l'intera riflessione storico-antropologica a cavallo della Pianura Padana e dell'Appennino la trova qui:

Scrivevo all'inizio del pezzo:

"Con l’avvicinarsi delle elezioni amministrative nella città di Pistoia, previste per la prossima primavera, si fa sempre più forte, in me il ricordo dell’incredibile e “matta” esperienza vissuta a Parma, nel corso delle elezioni del 1998.
Eravamo ancora nel Novecento.
Una città, dal dopoguerra, sempre governata, anche piuttosto bene, per lunghi tratti, dal Partito Comunista (unica interruzione il pentapartito, con il cambio di alleanze del Psi, in piena epopea craxiana nel 1980-1985) si rendeva improvvisamente conto che occorreva pensare ad un’alternativa."


La situazione di potere di Parma nel 1998 era molto simile a quella di Pistoia 2017...

"La città vedeva un partito–stato in grave difficoltà, il Pds, che esprimeva ben 24 consiglieri comunali su 40 (maggioranza assoluta), che governava in provincia, in regione e a livello nazionale e di cui ben 7 consiglieri, giusto per dare un’idea, erano espressione diretta dell’Arci, gloriosa realtà, che però faceva incetta di commesse culturali, ricreative, sportive, proprio dal Comune.
Ovviamente anche tutti gli autobus dell’azienda di trasporto locale, la Tep, erano assicurati con l’Unipol, come ebbi modo di rimarcare in un confronto televisivo con i candidati sindaci, presso una delle due televisioni locali, cui, proprio fortuitamente, tra tutte le quinte superiori della città, era stata invitata la mia.
Il sindaco veniva dipinto, in gran parte a ragione, come un solitario arroccato presso la “torre d’avorio”, per molti inavvicinabile, garanzia che tutto quello che c’era stato prima, sarebbe continuato."

Molto particolare fu l'alchimia che permise quell'incredibile cambiamento...

"In quegli strani mesi del 1998, si saldarono a Parma tre grandi filoni, più qualche altro spezzone civico: il movimento che candidava Mario Tommasini a sindaco, la Sinistra Giovanile di Cinquetti e Longinotti (cui non riuscì ad opporsi la minoritaria ala “lealista” dei giovani ortodossi del partito) e la lista civica di centro: “Civiltà Parmigiana” guidata dall’ex vicesindaco Dc Elvio Ubaldi, esponente di quella sinistra democristiana che però, in un contesto come Parma, non voleva allearsi con il “cadavere” Pds e il cespuglio Ppi."

Tornando al 2017 riflettevo su quali fosse le fratture da ricomporre... Sia  a Parma che a Pistoia.

 (...) Ci sono grandi fratture da ricomporre e questo vale, prepotentemente sia per Parma che per Pistoia 2017. 
Il concetto di rete, di unità nella diversità dei soggetti sociali che si ostinano a costruire dal basso “un altro mondo possibile e necessario” è il tema per continuare a credere in una radicale prospettiva di cambiamento che non sia regressivo e non rappresenti la vittoria finale del turbo capitalismo nichilista, sia esso nella versione globalizzata sia esso nella rampante e illusoria versione neo-isolazionista/xenofoba. Per dirla con Slavoj Zizek (“La Nuova lotta di classe, Rifugiati, terrorismo e altri problemi coi vicini”, 2016) se “alle porte del nostro castello di declinante benessere bussano le miserie del mondo; i suoi conflitti esplodono nelle nostre città, come leggere questa nuova emergenza continua, il Nuovo Disordine Mondiale?” Pur nella sua provocatorietà, Zizek ci ammonisce sul fatto che non ci possiamo limitare “a rispettare gli altri”, ma occorre offrire “una lotta, un orizzonte comune”. Vale anche all’interno delle città.


E allora da dove ripartire?
Qui, dai nodi e dalle esperienze di democrazia partecipativa e attivazione comunitaria, dall’innovazione sociale e dal mutualismo solidale e urbano.
Non basta.
L’orizzonte comune non può che ricostruirsi in un intersezione di scala globale e locale: nelle filiere dell’economia interdipendente, nel nodo di un movimento del lavoro sovrannazionale così come dal riconnettere tutto ciò al tema del modello di sviluppo e di consumo, del “voto con il portafogli”, del raccordo tra territorio e globale, alla questione della libera e “comune” circolazione di una conoscenza cooperativa e non solo competitivo-egoistica.
E’ un tema di consapevolezza personale e collettiva che precede tutti discorsi geopolitici che possiamo produrre.
Come finirà?
E’ difficile dirlo.
Nella crisi globale i cittadini si sentono sempre più impotenti, anche a livello municipale.(...)

Tralasciando, per ora, Parma, forse è utile verificare quello che scrivevo su Pistoia e il cambiamento possibile.

"Per Pistoia l’alternativa è, credo, tra una sfida scontata e una riconferma dello status quo, al prezzo di un debordante astensionismo e qualcosa di imprevedibile che faccia saltare schemi e spartizioni misere, già decise, al di là delle guerre di posizionamento, anche nel partito di maggioranza.
E’ necessario far vivere un movimento che, a partire dalla salvaguardia e dalla condivisione dei beni comuni e dei processi decisionali partecipativi, si contrapponga alla totale inerzia e lontananza dei partiti, incapaci di selezionare e rinnovare la classe dirigente.
Un movimento che attivi quelle tante parti “escluse” della cittadinanza che non sono comprese nei ristretti cerchi e nei “pranzi di gala” del potere e non sono assuefatte a subire scelte e “narrazioni” decise molto al di sopra delle loro teste.
Capire quante possibilità abbia questo movimento di “sfondare” non è facile, anche perché passare dalla protesta alla proposta, al cultura di un cambiamento di governo, non si improvvisa in pochi mesi.
Specie se non lo si è mai potuto sperimentare."


La settimana che si apre sarà decisiva per capire quali spazi e quali energie sono in campo per contribuire a tentare davvero una "primavera pistoiese" che fiorisca in una città ancora troppo ferma e inconsapevole e dimostri quanto possa essere bello e positivamente spiazzante assaporare il profumo della libertà.

Per riuscirci occorre un supplemento di umiltà, capacità di ascolto e forza di mobilitazione intergenerazionale.

Un territorio amplissimo, che va da Orsigna a Bottegone, deve sentirsi in ugual misura partecipe, protagonista, di questa speranza collettiva.

Non è una sfida per nulla facile. Ma va messa in campo. Ora!

Francesco Lauria



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