mercoledì 16 agosto 2017

IL VOLTO E IL RESPIRO DI BARBIANA: MICHELE E DON LORENZO.

"È in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo. […] 
La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. 
Cio' che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo. "

F. Pessoa


Questa frase di Pessoa racchiude un seme prezioso di verità.
E’ allenando lo sguardo che si può cogliere realmente quello che la pietra viva della storia può raccontarci, entrando in contatto non solo con i nostri occhi, ma con la nostra anima.
Per risvegliare lo sguardo non bastiamo noi stessi, ma occorre la generosità dei maestri, dei testimoni, insieme a quella delle compagne e dei compagni nel cammino: fermiamo il tempo del nostro viaggio ed accorgiamoci del tesoro inestimabile, spesso nascosto, che abbiamo di fronte.
Il libro di Michele Gesualdi: “Don Lorenzo Milani – l’esilio di Barbiana” (Edizioni San Paolo) è tutto questo: carne e poesia viva della memoria, racconto caldo e, al tempo stesso, religiosamente meticoloso, di una vita, quella di Don Lorenzo e degli adulti e dei ragazzi che lo hanno incontrato nelle esperienze, indimenticabili e forgianti, di San Donato e di Barbiana.
Il “fiore rosso” della testimonianza dell’allievo di Don Milani è un astrolabio prezioso, assolutamente unico fra i tanti scritti esistenti sul Priore, come lo chiamano ancora oggi i “ragazzi” e le ragazze” di Barbiana. E’ come una guida, segni bianchi e rossi su un sentiero che porta ad avvicinarsi al cielo, da molto lontano, da una “fame di verità e una sete di giustizia”  che dal Seminario, da San Donato, arriva all’esilio della libertà privata, e poi riparata, reinventata nei monti, in tredici anni di amore vissuto, sofferto e gioito.
Non si può scrivere o ispirarsi correttamente a Barbiana, senza aver percorso quel sentiero, con i passi di un viaggiatore che deve aprire gradualmente il proprio cuore al “mistero” di questo luogo.


Mentre si sale per il sentiero della Costituzione che porta alla canonica, con il libro di Gesualdi nello zaino, non si può che essere grati a chi ha saputo custodire questo luogo del corpo e dell’anima: un luogo sperduto nei monti, un “niente” in cui un prete e un gruppo di ragazzi hanno saputo trasformare il paesaggio e perfino “ricreare l’oceano”, attraverso una piccola piscina.


Un percorso accidentato, ricchissimo, non trasformabile in quelle vite un po’ edulcorate dei “santi”, in cui tutto sembra perfetto, meritevole di omaggio, quasi senza contraddizioni.
Capita di incontrare in carne ed ossa, salendo a Barbiana, chi questi luoghi li ha vissuti, voluti, quando erano segno di esilio e di emarginazione, anche dalla Chiesa-istituzione.
E’ forte il desiderio di non snaturare il senso della testimonianza dei tempi in cui: “a Barbiana non veniva quasi nessuno”, quando il ponte di Lucianino, fatto costruire per permettere a un bambino di attraversare il ruscello e giungere alla scuola, era coperto dai rovi. Quando le lettere di insulti e di minacce, come racconta Gesualdi alla fine del suo stupendo libro, erano ben più di quelle di apprezzamento e si accompagnavano al silenzio distante della Chiesa.
In queste piccole, semplici stanze, nella canonica, nell’edificio sacro, nella biblioteca, nel cimitero, financo nella piscina, non troveremo mai un santuario, ma soprattutto continuiamo a riconoscere domande che sono ancora vive, a tratti sanguinanti, nel tempo di oggi.


Come è possibile, sempre di più, continuare a fare parti uguali fra disuguali? 
Come possono le Fedi benedire e promuovere strumenti di morte e dominio? 
Perchè fuggiamo da una scuola lontana, sempre più nozionistica e non immune dal darwinismo sociale, spesso incapace di vera inclusione e distante da quell’ “imparare facendo” che certo non era approccio utilitaristico all’apprendimento? 
Qual è il senso del fare sindacato oggi mantenendo intatta la missione emancipatrice di un fondamentale corpo sociale collettivo, ma innovando linguaggi, convertendo sguardi, ritrovando strumenti, tracciando percorsi?
 Infine, rimanendo quasi disorientati dall’intuizione profetica di Don Milani e di Barbiana nello studio delle lingue e delle culture diverse (che bello imbattersi nel Padre Nostro in cinese fatto tradurre da Don Lorenzo!) come concepire e dare concretezza alle tante “Barbiana” necessarie in una società interculturale, in cui lo smarrimento dell’identità si trasforma in odio e in paura/ignoranza/indifferenza dell’altro e dello “straniero”?


Chissà se tutto questo è risuonato nella preghiera di Papa Francesco, lo scorso giugno a Barbiana, forse anche alla ricerca di un’espiazione, per una Chiesa che, solo nel 2013, ha riabilitato un testo fondamentale di Don Milani come Esperienze Pastorali.
Allora, per camminare domandando, per salire nella verità i sentieri di Barbiana (tanti percorsi diversi, per nulla omologanti, quanti sono i viaggiatori sinceri)  il libro, l’atto di amore di Michele Gesualdi è un tesoro che va letto, custodito e diffuso, anche per uscire dal conformismo di un incontro con Don Milani troppo comodo e rassicurante.


Nelle ultime pagine l’ex sindacalista ci dona i suoi ricordi più intimi, sempre con lo sguardo rivolto non verso se stesso, ma verso Don Lorenzo, con la sua ruvidezza d’amore, la sua ricerca ultima del canto degli uccelli nella musica.
Proprio oggi, che una malattia rara gli ha rubato la parola e ne ha reso difficile il respiro Michele Gesualdi, ci dona proprio parola e respiro e, attraverso di essi, con un tradurre che non è mai, in questo caso, tradire, ci porta fino alla sorgente del respiro e delle parole, quelle vere, di Don Lorenzo Milani.
Gesualdi, soprattutto nelle ultime pagine, è riuscito a compiere quello che Emmanuel Levinas descriverebbe come la capacità di sentire l’insufficienza di ciò che accade dentro di sè, nella propria avventura di vita o perfino nell’avventura di vita che l’io vive con l’altro siano essi Don Lorenzo, Eda, i ragazzi e le ragazze di Barbiana.
La verità più vera, per Levinas, è depositata in una dimensione terza: il “volto”.
Il volto nudo di Don Milani che l’autore, con un grido d’amore, ci trasmette alla fine del libro, è l’ultimo approdo di una vita degna di essere vissuta. Il volto è un cammino, proprio come il sentiero di Barbiana, ricco di dettagli, in cui, direbbe sempre Levinas: “nel camminare cedo alle tue sfumature, smetto nel mio dire e vengo meravigliosamente «detto» dalle tue labbra, dal tuo sorriso, dai tuoi giudizi, dalla tua biografia”.


Respirare, quando si ritrova la consapevolezza del viaggio della Vita, specie quando essa è più fragile, ultima e indifesa, non è più un’abitudine, ma una scelta.
Sta a noi, lettori viaggiatori, far divenire il volto nudo di Don Lorenzo e di Barbiana attraverso le parole di Michele, un consapevole respiro collettivo.
Sta a noi, non limitarci a vederlo, questo volto, ma, ognuno con il proprio carisma, ad “esserlo e a farlo esistere”.
Partendo, magari, proprio da quel sindacato in cui Don Lorenzo Milani ha molto creduto e in cui Michele Gesualdi ha, tanto e bene, vissuto.
GRAZIE.

Francesco Lauria


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