lunedì 7 agosto 2017

Verso un vivaismo della sostenibilità? 

Le proposte di Francesco Mati, presidente del Distretto


Il vivaismo e Pistoia: un binomio imprescindibile, quanto compless
Un’attività che rappresenta circa il 30% del PIL agricolo della Toscana, tanto che in regione risultano censite circa 3.600 aziende florovivaistiche che operano su una superficie di 7.240 ettari.
A farla da padrona è l’attività prettamente vivaistica che, con oltre 2.700 imprese e una superficie di circa 6.200 ettari, rappresenta il 6% del totale del totale della produzione dell’Unione Europea.
Pistoia è la “capitale” nazionale del florovivaismo, con 4800 ettari coltivati, 1200 imprese, 5000 addetti, oltre a quelli dell’indotto.
Incontriamo Francesco Mati, presidente del distretto vivaistico di Pistoia nella sua azienda: la Mati 1909.

Sono passati oltre due anni dalla sua elezione alla presidenza del distretto vivaistico. Quali sono stati, a suo parere, i principali risultati di questa porzione di mandato?
Dopo la presidenza Vannucci ci furono una serie di difficoltà nel rinnovo della presidenza del Distretto. Fui convinto dall’ex sindaco Bertinelli (per statuto vicepresidente del distretto stesso) ad accettare l’incarico, pur con l’astensione della Coldiretti, con cui gradualmente si sono appianate le divergenze. Le mie remore erano legate anche alla mia storia personale, legate alla realizzazione di giardini anche in Europa e nel mondo e solo in parte all’attività puramente vivaistica. Il Distretto ormai oltre dieci anni fa è nato e poi, purtroppo, non è stato dotato di strumenti per poter operare. La precedente presidenza ha fatto il possibile perché il Distretto mantenesse una sua rispettabilità. Con la mia presidenza, una volta appresi i meccanismi di funzionamento e resomi conto dei limiti dovuti al fatto che tutto dipende da una Provincia depotenziata, ho cercato di fare quello che potevo con l’unico mezzo possibile da usare: la comunicazione. Durante questi due anni ho dialogato con la Regione in conseguenza dei danni causati dalla bufera del marzo 2015, con il Distretto della Montagna per capire se fossero possibili collaborazioni e sinergie, con l’Assessore regionale Federica Fratoni per coinvolgere il Distretto in alcuni possibili progetti regionali legati all’ambiente, con il Comune di Firenze per il problema delle alberature da sostituire dopo la bufera di agosto 2015. Abbiamo poi cooperato con altri distretti e associazioni con i quali dopo due anni abbiamo dato vita al Coordinamento nazionale della filiera del florovivaismo e del paesaggio (www.cnffp.it) per dialogare con la politica di Governo nel tentativo di riqualificare il verde pubblico e privato in Italia, e realizzare altre iniziative legate direttamente o indirettamente all’attività vivaistica che, troppo spesso, si è presentata nel confronto con la politica e le istituzioni frammentata e divisa. Stiamo cercando, come è noto, di far inserire il giardino nel Pacchetto Casa, che prevede sgravi ed incentivi per chi ristruttura, arreda casa, sostituisce elettrodomestici, realizza verande tende e gazebo ma non per il verde. Lavoriamo con il Ministero delle Politiche agricole per affrontare i problemi fitosanitari, per la redazione del Piano di sviluppo del settore florovivaistico e la partecipazione a mostre ed eventi internazionali. Abbiamo dovuto affrontare un percorso complesso con il Comune di Pistoia, i sindacati, le associazioni di categoria a seguito della chiusura di una nostra importante azienda vivaistica – la Bruschi - e realizzato, lo scorso febbraio, il codice etico del vivaismo pistoiese. Un’altra attività in prospettiva è la cooperazione con l’istituto di ricerca Crea Of di Pesca per realizzare un protocollo d’intesa fra vivaismo e mondo della ricerca. Un tema importante, in rapporto con il Distretto della montagna pistoiese, è la sfida per il vivaismo pistoiese di non limitarsi alla produzione di piante ornamentali, ma di impegnarsi anche nella produzione di piante per il rimboschimento. Altro punto di impegno è quello dei controlli sul tavolo di filiera per il controllo delle importazioni al fine di evitare problemi sanitari epidemiologici potenzialmente molto gravi come quello della xilella che ha riguardato gli ulivi. Trenta aziende stanno sperimentando attività di autocontrollo proprio per evitare problemi di questo tipo.

E per il futuro?
Per il futuro ho una serie di sogni e di progetti per coinvolgere Pistoia e l’amministrazione pubblica pistoiese. L’obiettivo è di riqualificare il verde pubblico creando un progetto sperimentale su cinque anni attraverso un protocollo d’intesa tra pubblica amministrazione e aziende vivaistiche anche in deroga rispetto alle regole attuali di affidamento. Vogliamo prospettare nuovi schemi e possibili collaborazioni, nel rispetto dei ruoli. A livello nazionale il tema è quello di far ripartire la vendita di piante in Italia: il giardino da noi è considerato un bene di lusso, non è così nella maggioranza dei paesi europei. Un ultimo tema è quello legato all’imminente nuova legge regionale sui distretti che prevede, gradualmente, la trasformazione dei distretti in società, un cambiamento davvero consistente e ancora in gran parte da comprendere.


Nel febbraio 2017 avete approvato la Carta dei valori del Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia, un passo verso la responsabilità sociale di territorio. Quali sono gli strumenti di verifica della concreta applicazione della carta?
Un codice etico suggerisce atteggiamenti e comportamenti da tenere per svolgere attività produttive sul territorio. Non è un ente certificatore, i controlli sono effettuati da chi è preposto a farlo, che si tratti del Corpo forestale dello Stato, dell’Inps o di organi di controllo per certificazioni ambientali. Chi aderisce alla Carta dei valori s’impegna a seguire quanto viene indicato dalla carta stessa. E' un punto di partenza. Il distretto è fatto da persone che lavorano, con i calli sulle mani, onesti come lo sono, in linea di massima, gli agricoltori. Non escludo che ci siano anche i furbetti, ma la direzione generale è un altra. Da molti anni stiamo lavorando sulla sostenibilità ambientale, viviamo in tantissimi dentro le aziende, insieme alle nostre famiglie. C'è, senza dubbio, un problema, antico, di mancata comunicazione, insieme ad un dialogo tra le aziende che, ancora, si ferma purtroppo entro certi limiti. Noi siamo arrivati alla quinta generazione, speriamo di andare oltre. Il pensiero di lasciare a chi verrà domani un'azienda migliore di quella che abbiamo trovato, ci porta a rispettare il territorio. Io mi ispiro alla nota frase dei nativi americani: "La terra non è nostra, l'abbiamo avuta in prestito dai nostri nipoti". L'etica del vivaismo non distrugge l'ambiente in cui si sviluppa: non siamo estrattori di petrolio che lo sfruttano fino all'ultima goccia.

Il Cespevi. Come mai, a suo parere, la sua sopravvivenza appare sempre sul filo del rasoio?
Dopo tutto quello che è successo penso che il Cespevi appartenga già alla storia ed è arrivato il momento di dotarci di un approccio diverso alla ricerca. Un argomento non facile dato che molte aziende hanno fatto e fanno sperimentazione direttamente nelle proprie aziende. Dobbiamo lavorare per un vivaismo che dialoghi di più e che porti avanti progetti di ricerca utili a tutti. Più facile a dirsi che a farsi.

A che punto siamo con l’integrazione con il distretto floricolo della Valdininievole?
Il Distretto floricolo ha usi e costumi diversi da quello vivaistico, fonderli sarebbe a mio personale avviso un errore. Chi da tempo ha abbandonato la floricoltura per dedicarsi alla produzione di piante ornamentali rientra automaticamente nel Distretto vivaistico che è provinciale. E' sotto gli occhi di tutti che Pescia sia sempre più vivaistica e meno floricola. Con questa risposta non voglio negare l’importanza di una sinergia, soprattutto concentrata su ambiti di ricerca che possono essere certamente di comune interesse. La fusione, però, non è all’ordine del giorno.

L’A11 tra Pistoia e Prato mostra alcuni vuoti tra i vivai, segno di diversi fallimenti. Per quale motivi i vivaisti pistoiesi, almeno in maggioranza, sostengono la necessità di allargamento dei territori dei vivai, comprendendo, in particolare, i territori collinari?
Dopo la crisi profonda che ha colpito il mondo occidentale, in particolare l’Italia, con fallimento di importanti gruppi bancari, salvati con investimenti di miliardi di euro, diventa difficile poter fare previsioni. Non è un problema di dove piuttosto di come. Non si può pensare che un grande vivaio, che magari sta lentamente riconquistando mercati e fatturato, possa pensare di crescere andando a riempire piccoli spazi rimasti vuoti invece di potersi espandere nei luoghi dove l’attività è concentrata, anche se è a ridosso della collina. Il vivaismo è e rimane una forma di agricoltura avanzata, limitarne lo sviluppo, ovviamente rispettando tutti i vincoli, è costituzionale? Io, sinceramente, non lo penso.

Altri temi: il crescente consumo idrico e l’utilizzo del glifosato.
Due temi molto scottanti sui quali orde di “esperti de noantri” hanno detto tutto e il contrario di tutto demonizzando questo prodotto. Il Glifosate è stato inserito nella tabella di “probabilmente cancerogeno” in compagnia del caffè, della carne rossa e di molti altri prodotti che consumiamo abitualmente. Questo non vuol dire che si debba usare a sproposito, dalle analisi dei dati, risultano persistenti alcune sostanze additive che vengono aggiunte al prodotto per migliorarne l’efficienza. A oggi niente è efficiente come questo ormone di sintesi, sono state sperimentate molte tecniche “bio” dal pirodiserbo all’uso dell’acido pelargonico. Costose e poco efficaci. Oggi il suo uso è proibito e molte aziende stanno sperimentando prodotti innovativi, sono sicuro che presto arriveremo a prodotti maggiormente sostenibili. Ho lasciato per secondo l’argomento acqua, molto delicato. Le piante non consumano acqua, la traspirano rimettendola nell’ambiente. Il vivaismo usa da decenni (noi, come Mati, dal 1978) sistemi per il recupero delle acque usate in eccesso indirizzandole in bacini di raccolta che fungono da scorta per momenti critici. Da altrettanto tempo vengono utilizzati sistemi d’irrigazione a goccia che consentono risparmio di acqua e di energia mentre l’acqua usata per l’irrigazione spesso non è potabile. Ci dovremo chiedere, soprattutto, perché in Italia disperdiamo il 46% dell’acqua potabile a causa di condotte vecchie e fatiscenti.

Molti avevano identificato lei tra i possibili assessori di un secondo mandato della giunta Bertinelli. Che cosa vi aspettate dalla nuova amministrazione comunale?
Come è stato riportato dalla stampa, a suo tempo ringraziai, in una lunga conversazione, Samuele Bertinelli per l’offerta che rifiutai non ritenendo di avere le competenze politiche necessarie per fare l’assessore. Dal punto di vista del Distretto mi aspetto una continuità nel dialogo con la pubblica amministrazione. Con Bertinelli c’è sempre stato un dialogo aperto, un confronto ed un minimo di progettualità, portato avanti con l’aiuto del vice Sindaco Daniela Belliti. Con la nuova amministrazione, in particolare con Tomasi e l'assessore Risaliti, devo ancora incontrarmi ufficialmente. E' mia intenzione presentare discutere alcune idee e progetti maturati in questi ultimi tempi. Non credo ci saranno problemi: Pistoia ha molte potenzialità inespresse su cui potremo lavorare insieme.

Nessun commento:

Posta un commento