domenica 11 giugno 2017

"E SE PARLASSIMO 
UN PO' DI POLITICA?" 
L'11 GIUGNO E SOPRATTUTTO... IL 12.




Probabilmente, per i miei pochi lettori, questo titolo fa un po' sorridere.

Sono uno che ne parla spessissimo. 
Certo è che, pur con toni a volte populisti e superficiali, si è ripreso, anche tra i giovani, a parlare di politica.
Non è nemmeno vero che i giovani europei siano solo attratti da politiche di "destra", dimostrazione ne è il loro ruolo nelle ultime elezioni francesi e britanniche, oltre che nei referendum sulla Brexit e costituzionale italiano (sì, per me, il no dei giovani italiani in quella occasione è stato prevalentemente di "sinistra").
Viviamo in un tempo in cui, fortemente, ci sembra di aver perso un contatto reale con le dinamiche di potere e di governo, in Italia sono passati sedici anni dall'ultima volta in cui abbiamo avuto una voce in capitolo reale sulla scelta dei nostri parlamentari.
Il terrorismo ci spinge, poi, sotto il gioco dei "governi della paura", e dello "stato di eccezione permanente" che, inaugurato di Bush Jr dopo l'11 settembre con il Patrioct Act, comprime i diritti politici, civili, economici, senza per questo rendere più sicure le nostre società.
In questo contesto, come scrive Ota de Leonardis, commentando gli scritti interessantissimi di Arjun Appadurai, in particolare, in quello che chiamavamo "occidente", abbiamo perso la capacità di aspirare.
Abbiamo troppo spesso perduto la capacità di "aspirare" e di rigenerare le democrazia autotrasformandoci da cittadini a consumatori accettando che ciò che ci sta intorno, divenisse esclusivamente "merce".
Insomma, le aspirazioni, tendono ad essere giustificate solo se sono guidate dal mercato turboliberista e se, come scrive l'antropologo indiano, sono "ragionevolmente compatibili con il dominio".
La crisi, in rapporto con il potere sempre più forte delle grandi imprese multinazionali che, perseguendo i propri interessi, interferiscono sempre di più nei processi democratici, è un problema, scrive in questo caso Colin Crouch, non solo per la democrazia, ma anche, soprattutto, e un po' paradossalmente, per il mercato.




Così, quando in queste settimane ho avuto modo di confrontarmi con situazioni di disagio e marginalità, mi è stato chiaro, con grande forza, che il problema è proprio questa mancanza di aspirazioni. Aspirazioni che, invece, nutrono la democrazia: la stessa capacità di aspirare è, per i poveri, la premessa per riconoscere la propria condizione, per prendere la parola, per protestare e federarsi, per cambiare la propria vita.

Forse, in parte, sta qui la spiegazione del perchè la crisi non abbia sconfitto il neoliberismo, ma lo abbia incredibilmente rafforzato, facendoci soggiacere al "potere dei giganti".
Era inevitabile, ma uno degli aspetti più deludenti di questa campagna elettorale per il comune di Pistoia, è stato l'estremo provincialismo delle proposte dei candidati, quasi come se Pistoia fosse un'isola indipendente e non un tassello di politiche ben più ampie, anche di dimensione globale.
In questi mesi abbiamo assistito anche alle sedi elettorali e dei movimenti "temporanee", un po' come gli outlet che aprono per una sola stagione, vendendo grandi promesse e a pochissimo prezzo, ma comprimendo certamente la forza lavoro e la qualità della produzione e, magari, mascherando proposte di passate stagioni, riverniciandole.
Quello che mi ha colpito, sinceramente, è stata una campagna in gran parte individuale, delle centinaia di candidati in campo, spesso inseriti in liste in cui, a malapena conoscevano gli altri candidati, men che meno il programma nel dettaglio.
Certo, ci sono state eccezioni, almeno parziali, è scorretto fare di tutta un'erba un fascio.
Solo, la vera sfida, attraversando l'11 giugno, passa per il 12.
Il giorno, al di là del probabile ballottaggio, in cui gran parte delle sedi "temporary" verranno smantellate e torneranno ad essere fondi sfitti, vittime della crisi e della mega distrubuzione commerciale.
E' dal 12 giugno che, con un proposta che metta insieme nuovo mutualismo, ricostruzione paziente e non identitaria di comunità, si potrà tutti insieme allenarci a ricominciare ad aspirare e, per dirla alla Levinas, a ricominciare a "scegliere davvero di respirare".
Intanto, scegliamo bene, tra chi, almeno, ha provato, certo con limiti e mancanze, non lo nego, a iniziare, tra mille difficoltà, questo percorso.

Francesco Lauria

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