lunedì 5 giugno 2017

PISTOIA, I FIUMI E IL MALDIFIUME.


No, Maldifiume non è un sentimento negativo.
Scrive Simona Baldanzi: "Ho il Maldifiume, la bellezza da vertigine, lo sbandamento da trasformazione: sento come una voce che mi dice: vai a passo d'acqua".
Pensavo proprio a questo bellissimo libro mentre ieri ascoltavo Enrico Guastini e Misha Vivarelli, due giovani appassionati ecologisti, di grande preparazione scientifica, raccontare la vicenda del Bacino di Gello, delle casse di espansione ai Laghi Primavera, risalendo ancora indietro, fino allo sbancamento subito dall'Ombrone negli anni sessanta, al fine di costruire l'autostrada A11, con conseguente innalzamento della falda e allagamenti in gran parte di Pistoia. Maldifiume: un tragitto uscito dalla penna di una donna dolce e pungente, appassionata della natura come del lavoro.
Nel racconto di Simona, un viaggio lento, a passo d'acqua, lungo tutto il percorso del fiume Arno, ho imparato a specchiarmi e a leggere, con il suo metodo, i fiumi e i torrenti della città in cui vivo: l'Ombrone e il Vincio prima di tutti gli altri.
E' vero i fiumi di Pistoia sono a volte difficilmente controllabili, non è semplice nella loro volatilità affiancarli ed è diverso viverli nella parte Nord e Ovest della città, rispetto alla Piana, a quel territorio che, nella zona dei vivai, spesso si trova sotto il pelo di quell'acqua dolce, il cui percorso è descritto nell'incedere lento e poetico, nello spazio e nel tempo, nei volti delle persone e nei solchi vissuti dei luoghi.
Forse è vero quello che scrive John Steinbeck in Furore e che Simona Baldanzi riporta all'inizio del suo libro: "Per l'uomo la vita è fatta di salti: se nasce un figlio e muore tuo padre, per l'uomo è un salto: se ti compri la terra e ti perdi la terra, per l'uomo è un salto. Per la donna invece è tutto come un fiume, che ogni tanto c'è un mulinello, ogni tanto c'è una secca, ma l'acqua continua a scorrere, va sempre dritta per la sua strada. Per la donna è così ch'è fatta la vita. La gente non muore mai fino in fondo. La gente continua come il fiume, magari cambia un po', ma non finisce mai."
Di certo nei progetti degli ultimi dieci anni rispetto ai bacini di espansione nel territorio di Pistoia, rispetto ai fiumi, ai laghi, non pare molto preso in considerazione l'insegnamento della memoria e della storia, manca la capacità di vivere e vedere, il fiume, non solo di governarlo, addomesticarlo, usarlo.
Non tutto si può mettere in un barattolo. Si è vero, ci racconta Simona, questa volta sul Rio Grande, in Uruguay, gli emigranti italiani erano famosi per questo.
Ma un fiume non è una conserva, una confettura; è "acqua che si muove e si mischia, restia a barriere e confini, che pare ingovernabile eppure diventa metafora della politica: una vena scoperta a cui spesso abbiamo dato le spalle, ma che scava, cambia, pulsa dentro all'intimità di donne e uomini".


Il fiume è un luogo anche per i bambini e i ragazzi, attrae e spaventa, unisce e divide, ti fa giocare, ma a volte non perdona.

Ce lo ricorda Tiziano Terzani ne "La fine è il mio inizio": « A quel tempo l'Orsigna era ancora piena di gente. La guerra era appena finita e gli uomini facevano i boscaioli nelle montagne di là del fiume. Facevano cose incredibili! Legavano un cavo di ferro nella montagna di fronte, poi a spalla, attraversando il fiume, lo portavano da questa parte, lo legavano in piazza, lo mettevano in tensione e dall'altro versante facevano partire i carichi di legna attaccati ad un uncino. Arrivavano a velocità spaventosa ed andavano a sbattere contro un copertone. A volte quei pazzi ci si legavano loro stessi. Lo ricordo come se fosse ora. (...) una volta uno si distrasse fra un carico e l'altro e finì schiacciato in piazza. »...."

Le storie e la storia non stanno ferme per farsi raccontare, si muovono insieme a noi.
Comprendere cosa è diventato il fiume, cosa è diventata l'acqua dolce che spesso nemmeno vediamo, nascosta, almeno nelle città, dai blocchi di cemento e da ponti sotto i quali quasi nessuno si spinge più, è una grande sfida. 
Di certo il fiume può essere abitato, vissuto, senza essere stravolto, senza ucciderne la vita, la libertà naturale.
Non so se la definizione giusta è quella che, in questa campagna elettorale, sulla scorta dell'esperienza di alcune città europee sia quella del "contratto di fiume".
Forse più semplicemente occorrerebbe un "patto dell'acqua dolce".
Un impegno condiviso, che potrebbe basarsi su una "carta dell'acqua di Pistoia" in cui cittadini, associazioni, istituzioni, università, scuole, a partire da quelle dell'infanzia, si impegnino a prendersi cura dei fiumi e dei laghi, a monitorare con trasparenza il loro inquinamento e il loro utilizzo, lo stato idrogeologico, senza dimenticare gli ecosistemi che vi si collegano, la fauna e la flora che ad essi sono collegate
Si tratta di una bella sfida per chi si mette in viaggio, ma anche per chi crede ancora nella politica.
Una politica che non stravolge l'ambiente ed il paesaggio, non cancella la memoria e non stravolge lo spazio e non annega nel presente senza pensare al futuro.
Una politica che non pretenda di deviare, violentare il corso continuo della vita, che non viva di soli "salti" e di finanziamenti strumentali da impiegare e ricercare, in un vortice in cui si perde l'orizzonte di senso, in cui si perde il fluire della corrente.
Ritrovare la bellezza da vertigine e lo sbandamento da trasformazione.
Una trasformazione-rivoluzione che non è un salto violento, ma un percorso profondo. 
Un passo d'acqua che non finisce mai e che ricomincia ogni giorno, in ogni fiume.
In bocca all'acqua!

Francesco Lauria

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