sabato 16 settembre 2017

L'OVERBOOKING E IL LAMPADARIO DI CRISTALLO 


In quel momento ci siamo guardati negli occhi.
Dopo tanto frastuono, eravamo rimasti solo noi e le due hostess di terra di Austrian Airlines. Ciascuno si portava con sè una storia diversa e un diverso viaggio alle spalle. Cinque uomini e una donna, quest'ultima dalla parlata toscana e il nome slavo.
Un solo posto, per salire sul Vienna Bologna. Una sola chanche per tornare in Italia entro la mezzanotte.
Tutti rinunciano, ascoltando la mia storia.
Solo uno, mio coetaneo, sembra resistere, racconta che all'indomani la figlia deve iniziare la prima media e che, nemmeno lui, c'era il primo giorno della sua prima elementare.
Poi cede, non senza uno sbuffo, guardandomi negli occhi.
La mia terra promessa è , in realtà, un volo che arriverà nella notte a Bologna e poi una serie di improbabile di incastri tra Flixbus e mezzi notturni, per arrivare a Pistoia in tempo, l'indomani mattina presto.
Nemmeno il tempo di gioire e avvicinare l'imbarco che, come un fantasma, meglio un naufrago, uno scherzo del destino, arriva un altro passeggero, con diritto di salita.
E' giovane, barbuto, spettinato, affannatissimo, continua a correre.
Viene dalla tempesta di Amsterdam, quella che io avevo dovuto evitare, virando da Varsavia a Vienna. Due ore di ritardo e un minuto di anticipo.
Su di me.
Nella sorpresa totale delle hostess scansisce la sua carta di imbarco e, ancora correndo, entra, ultimo, verso l'agognato aereo.
Siamo ancora sei, tutti a terra, e stiamo per iniziare un'altra incredibile, stravagante, a tratti, estenuante, avventura.
Ci avviamo tutti insieme al primo dei corner cui ci invia la compagnia aerea.
Ci chiude davanti.
Inizia un incredibile peregrinare che approda ad un enorme coda che, però, si dirige verso una hostess italiana.
Fa per prenderci in considerazione, ma la rivolta vichinga dei naufraghi del cielo di Oslo, in fila da prima di noi, ci stronca sul nascere.
Il tempo passa, inesorabile.
Veniamo rimpallati da un desk all'altro, fino all'ufficio principale in cui a centinaia sono in fila, prima di noi.
Il vento e gli overbooking hanno fatto andare letteralmente in tilt tutto l'aeroporto di Vienna.
E' bello vedere chi, tra noi reduci del mancato imbarco, si prodiga con generosità e un po' di confusione, prima per gli altri che per sé.
Un po' alla spicciolata, dopo una serie irraccontabile di inefficienze, ma anche di creatività italo-emiliana in perfetta tensione con le rigidità teutoniche, riusciamo a conquistare almeno un albergo e un taxi per la notte, già fonda.
Condivido questa parte dell'avventura con Pietro, uno dei sei, imprenditore sassuolese della ceramica, in arrivo da un volo andata e ritorno in giornata da Riga.
Recuperiamo un tassista turco semiabusivo e arriviamo, quasi alle due di notte, al maestoso hotel Intercontinental nel cuore di Vienna.
Il caffè dell'albergo è ancora aperto, non chiude praticamente mai.
In un'atmosfera surreale, tra piloti, hostess, altra bizzarra umanità, danze mediorientali, saltiamo i superalcolici elaborati e conquistiamo due hamburger, alti come grattacieli e due birre artigianali.
Sopra il bancone e tutta questa compagnia un enorme lampadario di cristalli, figlio di un altro tempo, ma entrato nel nostro.



Piano, piano, con Pietro, ci raccontiamo frammenti delle nostre vite. Il taxi che, alle 4.30, ci riporterà all'aeroporto alla ricerca dell'imbarco per Malpensa (unica soluzione possibile per noi) è distante solo un paio d'ore.
Ma anche l'aurora non risparmia le sue fatiche all'inesorabile ticket counter di Austrian Airlines.
Riusciamo, tutti e sei, l'unione fa la forza, a far valere, almeno un po', i nostri diritti, ottenere, non senza scoscese salite, un biglietto che ci avvicina a casa e una promessa di risarcimento.
Il dialogo  con Pietro, non si interrompe, fino a Milano Centrale, quando le nostre strade si dividono.
Parliamo di impresa e lavoro, rappresentanza e ceramiche, grande distribuzione e internazionalizzazione, ma anche di dune dell'Oman, delle chiese di Pistoia, di presenze e assenze, di fatica e di figli, di amore e passioni, politica e biciclette, Nek, Kerakoll e Medjugorie.
Alla fine, del nostro viaggio comune, dialogando sulla bellezza delle donne baltiche, scopro il motivo della sua malinconia discreta.
Un grande amore è scivolato via, nel cielo. Troppo presto.
Non si può dimenticare.
Ci salutiamo, finalmente sorridiamo, siamo vicini alle nostre mete.
Io proseguo il mio interminabile cammino.
Tutto fila, incredibilmente liscio, fino a Pistoia, dove trovo un altro aiuto, inaspettato e generoso.
Arrivo, sfacciatamente, un minuto prima dell'uscita di Jacopo dal suo primo giorno di scuola.
Mi vede, mi abbraccia, un po' disorientato, ma già grande.
Almeno per me.
La confusione dell'aeroporto, nella mente, si fonde con quella dei bambini e delle mamme apprensive, fuori dai cancelli della scuola.
Jacopo mi guarda.
E io sono felice.

Francesco Lauria

1 commento:

  1. A volte dalle disavventure si scoprono lati umani che nel nostro quotidiano passano in silenzio.
    Vilma

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